MESE ALLA MADONNA ADDOLORATA
1 settembre. La profezia del santo vecchio Simeone.
Nell'occasione che il padre legale e la madre vera di Gesù condussero il Bambino a Gerusalemme per eseguire condussero prescritto della legge a suo riguardo, prima o dopo il compimento del rito, mentre Maria se lo recava in braccio con tenerezza ineffabile, ecco sopraggiungere un venerando vegliardo di nome Simeone. Cestui era un giusto e timorato di Dio, che sospirava la consolazione di Israele, e lo Spirito Santo era in lui. E dallo Spirito Santo aveva avuto l'oracolo, che non sarebbe morto prima di aver veduto il Cristo del Signore. E mosso dallo stesso Spirito venne al tempio, e chiese a Maria che gli concedesse di pigliare in braccio il Bambinello. Lo ebbe, lo strinse affettuosamente, lo baciò, si profuse con sospiri e lacrime in ringraziamenti a Dio, che gli accordava tanto favore, cantò il suo Nunc dimittis, e mentre Giuseppe e Maria ammiravano estasiati tanto fervore di fede, il santo Vegliardo con gli occhi velati dalla commozione, si congratulò con loro, e rivolgendo in particolare a Maria la sua parola, disse: Ecco che questo Bambino è posto per ruina e per resurrezione di molti in Israele, e per segno di contradizione e l'anima tua stessa sarà trapassata da una spada, affinchè restino disvelati i pensieri di molti cuori. Il nuovo veggente d'Israele, illuminato dallo Spirito Santo, delinea un quadro terribilmente grandioso. Questo Bambino che viene offerto pur ora a Dio come il solo primogenito aspettato dalla divina giustizia per tutti gli altri, sarà la pietra d'inciampo per molti.
Sarà la causa di salute per moltissimi altri. Sarà un bersaglio posto in alto perchè sia contradetto. Una spada trapasserà anche l'anima di Maria; María avrà larga parte nei patimenti di Gesù!
Fermiamoci qui, e riflettiamo alla impressione dolorosa che quesa profezia deve aver fatto nell'animo della Vergine in quel momento. Premettiamo pure che Maria non era affatto ignara della sorte penosa che le riservava Dio chiamandola alla dignità di sua Madre; che anzi vi si veniva preparando con tutta la generosità dell'eroico animo suo; che in realtà dalla sua Annunziazione sino ad oggi già sorbiva sorso a sorso l'amaro calice della sua passione; pur tuttavia al sentirsela così chiaramente ed acerbamente annunziare, si dovette sentire passare il cuore da una fredda lama. Anche l'Apostolo delle genti sapeva che a Gerusalemme lo aspettavano catene e tribolazioni, ma quando se le intese annunziare apertamento da Agabo profeta, gridò come ferito: Che fate, amareggiando così l'anima mia?. Chi può farsi un'idea della ferita profonda ed acerba che il cuore di Maria ricevette all'annunzio di quella spada? Si ha un bel dire, che le sciagure previste meno contristano. Il fatto si è che tutta l'amarezza del dolore si prova quando la sciagura ci è presente. Maria in quel momento di austere, ma profonde gioie, dopo ammirate le effusioni divine del santo Vecchio, dopo ricevute le sue congratulazioni, sente dirsi asseverantemente che anche lei avrà l'animo trapassato da una spada! Non è una spada materiale, chè così sarebbe meno penetrante; è una spada che trapasserà l'animo, perciò più lacerante che qualunque ferita corporale. « E perciò qui si mostra la prudenza di Maria, non ignara del mistero celeste, ma consapevole che la parola di Dio è più penetrante, più acuta di ogni spada a due tagli, penetrante sino a ricercare l'anima e lo spirito, gli arti, le midolle, la compagine del cuore ». Misura, anima mia, il dolore della Vergine in questa occasione, e pensa che ella pur tanto soffrendo, non si sgomenta, non impreca la sorte nemica, come facciamo noi ordinariamente, senza pensare a quel che diciamo. Ella ripete anche qui quel suo ineffabile « Fiat rnihi secund'um verbum tuum » Compatiscila si nel suo dolore, ma più studiosamente cerca d'imitarla, rassegnandoti a tutte le vicende della vita per quanto amare. Impetratemi, Addolorata Maria, questa grazia, che mi è di assoluta necessità, se vo. glio salvarmi! Mi rassegnerò in tutto e per tutto ai divini voleri, e per amor di Dio sopporterò senza impazienza o lamenti il travaglio che presentemente più, mi afflige.
2 settembre. Fuga in Egitto.
I Magi avvisati in sogno da Dio, tornarono da Betlemme in Oriente, senza passare per Gerusalemme. Erode allora vecchio ed inasprito da tanti disinganni, li aspetta invano secondo il convenuto. Presto si avvede che gliela hanno giocata, e montato in furore, studia il modo di venire a capo ad ogni costo del suo perfido disegno. Ma partiti appena i Magi. un Angelo del Signore appariste a Giuseppe di notte, dicendogli: Su, non c'è tempo da perdere, piglia il Fanciullo e la madre, e fuggi in Egitto, chè Erode sta per volerne la vita del Fanciullo medesimo!
Giuseppe si desta, desta anche la sua sposa, le manifesta l'intímo dell'Angelo con tutti i motivi, e la prega di mettersi subito in assetto di viaggio. Maria resta allibita, impallidisce e trema in tutta la persona, ma non perde la consapevolezza di sè: ciò rende il suo dolore più umano, ma più tormentoso. Il mio Figliolo cercato a morte!... minacciato da un tiranno così terribile! metterlo in salvo con la fuga in paese straniero, in Egitto, dove non sono mai stata, dove non conoeco nessuno! Quali pericoli incontrerò nel viaggio? Chi ci guiderà, chi ci assisterà, chi avrà compassione del mio Piccino!? Oh povera me! E quì sentirsi stringere il cuore, mandar fuori lacrime in abbondanza!
Compatisci pure, anima mia, l'amorosa Madre di Gesù ridotta a queste angoscie; ma guardati bene dal sospettare in lei alcunchè d'impaziente, di nervoso, d'incosciente! Ella è afflitta, ma senza smarrirsi; piange, ma senza dare in ismanie; sente tutto il pericolo della sua situazione, chicchessia.
Quanto è superiore la virtù di Maria alla nostra, che nelle prove della vita ci viene a mancare quasi sempre! Impazienze, escandescenze, sfoghi di nervosismo e di rabbia, imprecazioni contro uomini e cose, lamenti e ribellioni contro la Provvidenza, che non vuol fare 'a modo nostro. Nè-Maria, nè Giuseppe si lamentano di Gesù, che essendo Dio non previene la crudeltà di Erode facendolo morire. Non dicono: Che bisogno c'è di fug. gire lontano, di andare in Egitto! Manca forse modo al Figlio di Dio di salvare se stesso e noi? Nulla di questo passa per la mente dei santissimi Sposi; Maria approntate in fretta e furia le cose più indispensabili, si reca in collo il Fanciullo, ed affidandosi tut. ta fiduciosa alla prudente solerzia di Giuseppe, senza aspettare il giorno, esce di casa, dalla borgata e via per la stradella che va a mezzogiorno verso l'Egitto.
Accompagna col pensiero i fuggiaschi, anima mia, e potrai comprendere le pene del viaggio, la fame, la sete, la stanchezza tollerate dalla santissima Famiglia. Con questa prontezza e rassegnazione si ubbidisce al Signore, quando comanda qualche fuga dolorosa, ma necessaria! Fai tu così quando Dio ti comanda di fuggire dal mondo, dalle vanità, dalle occasioni di peccato, da te stesso male accostumato?
Quante esitazioni, dilazioni, pretesti per non dare. ascolto alla voce della coscienza che impone il taglio, la fuga, un po' di disagio per mettere al sicuro la vita dell'anima! Quanta ignavia, quanta indecisione nel seguire il bene, e così si mette a repentaglio l'anima. Chi mi desse un po' della vostra risolutezza, o Maria Addolorata, per uniformarmi ad ogni costo alla volontà di Dio! Oh quanto ne ho bisogno per sottrarmi alla morte dell'anima mia! Impetratemi voi, Vergine potente, un sincero amore a Gesù, che mi agiti continuamente, mi accenda a generose rinunzie, sì che io sfugga dalle mani d'un nemico peggiore di Erode, il diavolo, e conservi sempre fedele a Dio.
Rifletterò attentamente se mai mi trovi in qualche occasione pericolosa all'anima mia, e la troncherò senza dimora per amore di Dio.
3 settembre. Smarrimento di Gesù.
« I genitori di Gesù andavano ogni anno a Gerusalemme pel dì solenne di Pasqua » (t). La legge prescriveva che tutti gli Israelili maschi dimoranti in Palestina si presentassero al tempio del Signore tre volte l'anno, cioè a Pasqua, Pentecoste e per la festa delle Tende. Le donne non erano obbligate, ma S. Luca qui ci fa sapere che Maria soleva per Pasqua almeno accompagnare il suo Sposo S. Giuseppe. Era un viaggio di tre o quattro giornate, chè da Nazaret a Gerusalemme correvano cento dieci chilometri. « E quando Gesù fu arrivato a dodici anni, essendo essi andati a Gerusalemme secondo il solito di quella solennità, allorchè, passati quei giorni, se ne ritornarono, il fanciullo Gesù rimase in Gerusalemme: e non se ne accorsero i suoi genitori ». Per intendere questo, ricordiamo che il fanciullo ebreo arrivato a dodici anni diventava « figlio della legge » cioè obbligato alla sua osservanza. Gesù come figlio dell'uomo, era in questo caso, ma come Figlio di Dio venuto a liberarci dal giogo di quella legge di condanna e di timore, doveva incominciare l'opera sua di maestro per condurre soavemente gli schiavi alla libertà di figli.
In far questo Gesù non dipendeva da nessun uomo, era la missione che aveva dal Padre, e da lui solo dipendeva nell'eseguirla. Perciò credette bene di non tener conto di Maria e di Giuseppe, sottraendosi nascostamente a loro, per cominciare a dodici anni il suo insegnamento.
Maria e Giuseppe si riunirono alla carovana di ritorno ciascuno al suo gruppo, questi a quello degli uomini, quella col gruppodelle donne, pensando ciascuno che Gesù fosse coll'altro, come sino a dodici anni avrebbe potuto fare, oppure che si fosse unito al gruppo dei giovani. Si camminò per tutto il giorno, ed alla sera nel ricovero Maria e Giuseppe si riunirono: ma quale sussulto al cuore di Maria quando si avvide che Gesù non era con Giuseppe! Si aspettò con ansia per qualche tempo, ma Gesù non si vedeva: si prese voce dai compagni di viaggio, ma nessuno ne sapeva nulla! Ahimè, che cosa sarà successo?
Il cuore della tenerissima madre è in tumulto; l'animo rimescolato dalla costernazione non sa proprio che si pensare, e piange aggitata e dolente. L'avranno preso coloro che ne vogliono la morte? Gli sarà avvenuta qualche altra disgrazia? Ma di questi ed altri simili motivi di ansia, Maria ha ben presto ragione, consapevole com'è della divinità del suo Figliolo, cui non c'era da temere che gli accadesse qualsiasi cosa imprevista, non predisposta ed ordinata da lui. Certo, diceva fra sè, egli si è sottratto da noi volontariamente! Ma perchè ci ha fatto così? Che la nostra devota servitù non gli piacesse! Che egli veda come il mio amore per lui non sia quale dovrebbe essere? Che io abbia mancato ai miei doveri verso di lui!... Chi sa?... Ma la purissima coscienza non la rimproverava di cosa alcuna. Chi vuol intendere il dolore di Maria in questa occasione deve riferirsi ad una di quelle prove mistiche, di aridità, oscuramento interno, abbandono da parte di Dio, pena inenarrabile, alla quale le anime più sante e più pure sono talora sottospote dallo Sposo celeste... Così solo si può avere un'idea del dolore di Maria nello smarrimento del dilettissimo Figlio.
E tu, anima mia, non ti sentii confusa che questa volta non sei capace neppure d'intendere il dolore della Vergine santissima? Anche tu ti trovi inaridita nelle cose spirituali, anche tu cerchi invano un poco di entratura nell'orazione, e non ti riesce a trovare Iddio, perchè la tua men'.e è troppo occupata in frivolezze e cose mondane. Non ardire di confondere questa tua diEsipazione ed insensibilità con l'abbandono mistico: il fatto che tu non ne provi nè dolore, nè dispiacere ti deve far tremare. Pensa bene che c'è un abbandono di Dio che vuol essere principio della rovina totale dello spirito. Quante volte tu l'hai meritato questo abbandono con le Sue negligenze nel servizio di Dio. Su via, scuoti il tuo torpore e cerca Dio con dilìgenza ora che è tempo.
Vergine santissima, tanto angustíata per la momentanea assenza del vostro Diletto, insegnatemi a ricercarlo con voi, e tenermi sempre unito a lui.
Non lascierò mai la santa orazione, per quanta aridità possa trovarci, ma mi umilierò in me stesso, cercando di rimuovere tutti gli impedimenti che dipendono da me.
4 settembre. Affannosa ricerca.
Dopo una notte di ansia e d'incertezza trascorsa insonne che sembrava un secold nel canto del rifugio toccato loro, Maria e Giuseppe, tosto che la prima luce del nuovo giorno lo permette, Si levano, si licenziano dai già desti compagni di viaggio, ed unitisi ad altro gruppo che andava a Gerusalemme, riprendono la via a ritroso portati dall'ansia dolorosa di potere ritrovare lo smarrito Fanciullo. Non parlano, ma sospirano e gemono ciascuno in cuor suo, e solo Maria chiede con insistenza affannosa a quanti incontra reduci dalla santa città Num quem diligit anima mea vidistis? « Ditemi, per amor di Dio, avete niente visto il mio figliolo Gesù!? » Chi le risponde che non l'ha visto;. chi le confessa che neppur lo conosce. Ma l'amatissima Madre fa qui la parte intera della Sposa dei sacri Cantici: «Tutta la notte, nel mio giaciglio cercai il Diletto dell'anima mia: lo cercai non l'ho trovato ancora. Eccomi in moto, eccomi ritorno in fretta alla città? Per le vie e per le piazze andrò in cerca di Colui che forma l'oggetto di ogni mio amore; ma finora lo cerco invano, non lo trovo! » Invano da ieri sera Maria cerca il suo Gesù tra parenti ed amici, nessuno è al caso d'indicarglielo. Quando Gesù si apparta dalle sue relazioni secondo la carne ed il sangue, è inutile cercarlo fra parenti ed amici. Chi non conoscesse Gesù per altro che per la sua umanità, non conoscerebbe mai il Signore. Paolo di Tarso chiamato A conoscerlo secondo la sua virtù divina dice: « Come piacque a colui che mi aveva segregato fin dal seno di mia madre, e mi aveva chiamato per sua grazia di rivelare in me il Figlio suo, affinchè lo facessi conoscere alle genti, subitamente non presi consiglio dalla carne e dal sangue »; ma se ne andò, come prosegue a dire, nei deserti dell'Arabia, dove sotto l'azione soave e forte dello Spirito Santo conobbe Gesù, lo ritrovò tutto, ne divenne l'Apostolo per eccellenza: Così Maria giunta a Gerusalemme sul far della sera del secondo giorno che soffriva indicibilmente per l'assenza corporale del Figlio suo, si diede a cercarlo presso tutti coloro, che a suo sentire, glielo avrebbero potuto indicare; ma per una seconda notte dovette restare senza la desideratissima compagnia del suo Diletto.
Compatisci, anima mia, la Vergine santissima nelle indicibili amarezze che le cagiona questa desolante privazione: vedi come sospira, quanto piange, quale tristezza l'accora! Odi come spesso chiama il suo Gesù: O te che sei il dilettissimo dell'anima mia fammi conoscere, ove ti trovi, chi ti ha sostentato, o piuttosto ove elargisci i pascoli di salute alle tue pecorelle: non permettere che io smarrisca le tue traccie!. Immergiti, anima mia, in questo dolore della Vergine Madre: sforzati d'intenderlo bene. Prima però spogliati di ogni sentimento cardale, ànche di quello che pare sentimento di devozione, e non è. Rifletti che Gesù Dio cresce in questi giorni nell'anima di Maria a misura di grazia inestimabile; vi fa la dimora sempre più grata, sempre più degna di sè. Il mezzo di cui si serve per farla vien maggiormente meritare, è quello di sottrarle la sua presenza visibile e materiale. Maria è santissima immacolata creatura, ma pur sempre creatura e donna viatrice; ci sono misteri di Dio a santificazione delle anime, che ella comprenderà gloriosa in cielo. Intanto si tratta per lei di santificarsi ancora di più, seguendo fedelmente il volere di Dio, nella desolazione in cui si trova, nè comprende interamente. Ad ogni modo ella segue con serafico amore i disegni di Dio, ed il suo dolore è mirra preziosissima, che profuma il sacrificio.
O Madre ammirabile, nella vostra odorosissima ma altrettanto amara santità; degnatevi di farmela conoscere almeno in parte; traetemi dietro a voi alla ricerca di Gesù amato, conosciuto, servito come Dio Redentore, con tutto il sacrificio dei miei sentimenti naturali e carnali. Post te curremus in odorem unguentorum tuorum .
Cercherò al lume della fede, implorando la grazia dello Spirito Santo, di fomentare in me una divozione soda e maschia ai dolori di Maria, cercando d'imitarla in tutto.
5 settembre. Rinvenimento di Gesù nel tempio.
Sorgeva il sole del terzo giorno della desolazione dei due santissimi Sposi Maria e Giuseppe. Eccoli di nuovo per la santa città ansiosamente cercando Gesù per le case dei loro conoscenti ed amici. Nessuno sa dire parola che giovi a calmare la loro angoscia. Non resta che ricorrere a Dio, ed eccoli tempio, dove la Maestà divina si era degnata di porre la sua dimora. Ma ecco che si dànno a cercare nelle adiacenze del tempio, ove in alcune sale disposte allo scopo, i Rabbini, o scribi, come allora si chiamavano, solevano impartire l'insegnamento della legge alla gioventù maschile.
Oh meraviglia! Ecco in una di ques!e aule Gesù seduto fra altri giovanetti, che ascoltava quei dottori, e spesso li interrogava. « Lo ritrovarono nel tempio che sedeva fra i dottori e li ascoltava e li interrogava ». Si fermarono estasiati a rimirarlo, tanto più, che si accorsero come coloro che l'udivano, quei barbuti venerandi dottori « restavano attoniti della sua sapienza e delle sue risposte ». Ma l'incanto divino fu di brev'ora. Maria spinta dall'affetto materno, gli si avvicina, lo abbraccia e gli dice: « Figlio, perchè ci hai tu fatto questo? Ecco che tuo padre ed io addolorati andavamo in cerca di te! Ma egli disse loro: Perchè mi cercavate voi? Non sapevate come debba occuparmi delle cose spettanti al Padre mio? Ed essi non compresero quel che egli aveva loro detto »
Ecco innanzi allo sguardo della nostra mente il semplice, sublime quadro dipintoci dallo Spirito Santo. È meraviglioso, ma non è facile a comprendersi dalla nostra intelligenza annebbiata dal sentimento umano: eppure quanto c'è da riflettere, quanto da meditare, specialmente intorno alla figura di Maria santissima. Consideriamo la Madre pura allarga il cuore angustiato alla vista del Figlio in quell'atteggiamento, ed paziente di stringerlo al petto. Consideriamo la donna che sfoga il suo cuore in quelle meste parole: « Ecco il padre tuo ed io addolorati ti cercavamo! » Quanta delicatezza, quanta compassione per lo sposo rivelano queste parole! Ma più che altro argomento esse ci fanno conoscere l'amarezza del dolore che quell'anima delicatissima ha sofferto in questi giorni di desolazione. Ma, e qui sta il segreto per intendere la risposta del divino Fanciullo, bisogna considerare in Maria, accanto alla donna santissima ed alla Madre di Dio, la creatura viatrice, che vola al soffio dello Spirito Santo verso le cime dell'altissima perfezione. Questo Spirito soffia dove vuole, se ne sente il fruscìo, ma non si sa da qual parte venga nè dove tenda. « Ecco che il padre tuo ed io dolenti ti cercavamo », così esprime Maria l'angoscia dell'animo suo materno. «Perchè mi cercavate, risponde Gesù, non sapevate che io debbo essere sempre negli affari del Padre mio? Non occorreva cercarmi là dove voi mi cercavate, fra parenti ed amici, fra connazionali secondo la carne: io sto sempre là dove si trattano le cose, gli interessi di Dio ero anche con voi angustiati per amor mio, ma voi mi credevate perduto perchè non godevate della mia presenza corporale. Ma per allora nè Maria nè Giuseppe compresero la sublimità di questo insegnamento: come i dottori della legge, anche essi si stupirono ed ammirarono.
Quanto meno puoi capire tu, anima mia, dì questa sublime dottrina! Ti lusinghi di essere devota, di cercare Gesù in ogni cosa, di voler fare sempre la volontà di Dio; ma preferisci al compimento del dovere le tue azioni; vorresti sempre gustare l'amore sensibile di utti i disegni di Dio a tuo riguardo; vorresti in ulta parola trovare Gesù là dove piace a te di stare, in quei ministeri, in quegli offici che ti piace di esercitare.
Vergine prudentissima, che pure adempiendo con tanto vostro dolore il divino volere, non ve ne accorgevate; e credendovi lontana dal vostro Gesù, lo possedevate più che mai vivo nel cuore, mentre lo imitavate tanto bene; pregatelo per me, che mi faccia simile a voi.
Non sarò contento di fare opere buone, mi studierò di farle il meglio possibile, animandole con la più pura intenzione di piacere a Dio soltanto.
6 settembre. Vita di umile sudditanza.
E Gesù si partì con esso loro, e venne a Nazaret, ed era loro sottomesso ». Et erat subditus ittis. Queste quattro parole di altissimo significato compendiano diciott'anni della vita dell'Uomo-Dio. Era soggetto, ubbidiente in ogni cosa a Viaria ed a Giuseppe. Chi è soggetto, ubbidiente? L'Uomo. Dio! A chi? A due sue crature! Perchè? E che cosa di meglio poteva fare il maestro di ogni virtù, che adempiere gli offici della pietà? Qual meraviglia che faccia sempre a modo del Padre celeste, se proprio per questo si assoggetta alla Madre terrena? Questa ubbidienza del divino Giovinetto era una di quelle cose ordinategli dal Padre suo, ixelle quali egli si doveva sempre occupare. Tanto ci voleva per insegnare al mondo l'umiltà e l'ubbidienza, che sono il fondamento sicuro della vera santità.
Mentre Gesù progrediva in sapienza, in statura, in grazia presso Dio e presso gli uomini, Maria certo non osava comandare nulla a tanto Figlio; ma vedeva ogni suo desiderio, ogni suo bisogno indovinato e diligentemente eseguito Meno ancora comandava Gìuseppe; ma con sua grande tenerezza si vedeva sempre attorno premuroso il Giovinetto Dio, che non isdegnava di por mano ai suoi ruvidi lavori; quanta edificazione per tutti e due! Chi con-. siderava l'umiltà, la diligenza, la disinvoltura con cui il Figlio di Dio accudiva alle umili faccende della povera santa Famigliola, ne rimaneva estasiato, e scorgeva sempre più evidentì i segni di una sapienza celeste che i appalesava in quel giovinetto a propor zione che cresceva di età e di statura, divevendo a tutti ognor più grazioso, guadagnandosi il cuore di tutti. Quella graziosa amabilità era un vivo riflesso del favore divino e del tesoro di sapienza e scienza divina che erano in lui in tutta la pienezza.
Maria era la più attenta osservatrice dei movimenti del Figlio suo; più che madre si sentiva discepola, e studiosamente ricopiava in sè le divine virtù di lui. Quante volte per imitarlo insisteva nell'offrire a Gesù i suoi servizi, dicendosi obbligata procurare il vantaggio ed il Figlio! Con quali amorevoli persuasioni pregavalo a risparmiarsi, ad aversi qualche riguardo! Ma Gesù deve aver detto alla Madre 'sua, quel che dirà al Battista: « Lascia stare per ora, poichè in questa maniera si conviene a noi adempiere ogni giustizia! » ktu come madre devi comandare al tuo figlio; io eome figlio debbo ubbidire alla madre! Sublime lezione, se la intendessimo!
Riflettiamo però che l'eroismo di tanta virtù da una parte e dall'altra non poteva esssere senza dolore fisico e morale, massime di due virtù come l'umiltà e la ubbidienza ché importano sacrificio. Il Giovinetto Gesù soffriva nei corpo la fatica e le privazioni di tutti gli agi della vita: soffriva nell'anima per quello stato di nascondimento, di inazione per tutte le cose grandi; di occupazione continua in cose umili e basse. Non che in Gesù ci fosse ripugnanza o amor proprio sregolato: ma la retta stima della sua eccellenza anche come uomo, gli faceva sentire l'abbassamento al quale si era volontariamente ridotto. La pena ed il dolore son sempre più sentite dalle anime grandi.
E voi, Vergine, riputata da Dio degna di esercitare sopra di lui, divenuto vostro Figlio, l'autorità di Madre; deh per quel dolore sottile ma pungente che vi cagionava la vista del Figlio di Dio umiliato sino a farsi vostro suddito, pregateci da lui quel sentimento di umiltà
creatura per tutti coloro Dio.
Mi attaccherò alla santa ubbidienza, come un naufrago alla tavola che gli si offre per non essere soffocato dalle,passioni, e sommerso nella perdizione.
che ci renda soggetti ad ogni amor di Dio, ed ubbidienti a che per noi rappresentano
con tuta la forza dell'animo.
7 settembre. Dolore di Maria nella morte di S. Giuseppe.
Il giusto, seppure prevenuto da morte, troverà nel riposo: chè la canizie veneranda non è quella di lunghi anni, nè dal numero di essi si misura. Il senno è canizie agli uomini, ed età rispettabile una maturità incensurabile ». Queste parole dello Spirito Santo quadrano a capello al giusto Giuseppe, Sposo intemerato della Vergine Madre di Dio, Custode e vice padre del Verbo incarnato.
Avvicinandosi il termine della vita nascosta del Figliolo di Dio, il delicatissimo ministero di lui era compiuto. Come si ricava dal Vangelo, Giuseppe mancò ai vivi sì e no cinquantenne, quando secondo le divine disposizioni egli aveva adempiuto l'officio commessogli dalla Provvidenza. Anima santa unitissima sempre a Dio, meglio che gli antichi Patriarchi, aveva accettato dalle mani di Giovacchino la fanciulletta Maria per esserne lo sposo ed il difensore. Molto simile a lei per l'amore alla purézza, con lei si era votato a Dio nel proposito di vivere vergine. La prova che Dio volle farne nell'occasione della soprannaturale gravidanza della Sposa, era riuscita a confermarlo nel proposito di una vita intemerata, umile, faticosa, diligente per esser pari all'altissimo officio al quale Dio lo chiamava; quello cioè di custodire con veci ed autorità di padre l'unigenito Figlio di Dio, concepito dalla sua Sposa per opera dello Spirito Santo. E con quanta diligenza, sollecitudine, operosità aveva adempiuto le parti di tanto officio! In ogni circostanza si era dimostrato il giusto, assistito da Dio, che gli parlava familiarmente, pieno di fede e di carità, superiore a tutte le umane vedute, elevato alla più alta contemplazione per la familiarità durata quasi trent'anni col Figlio di Dio fatto uomo.
Coronato di tanti meriti, logoro dalle fatiche e privazioni, vedendo vicina l'ultima sua ora, si adagia quale stanco pellegrino nel suo povero giaciglio: nulla lo tiene più legato alla terra! Ma che penso io? Sto meditando la morte del Cristiano giusto e santo,
in,questo caso c'è da pensare che sentisse amara davvero la morte!
La Chiesa canta di lui: « Gli altri giusti corona la felice sorte dopo spirati; tu invece vivente godi di Dio, quasi, uguale ai beati comprensori ». Ed ora questo angelo di contemplazione è in procinto di emigrare da quella sua vita condivisa con l'Uomo-Dio certo si troverà nel refrigerio, come disse Abramo di Lazzaro: « Ora costui è consolato; ma la visione beatifica di Dio, non l'avrà ancora! Ancora pochi anni, ed il Redentore fattosi suo figlio, aprirà con la sua morte l'adito al Paradiso. Era per Giuseppe questo un motivo di afflizione? No certa. mente; era un atto supremo di adesione alla volontà di Dio, che lo mandava ad annunziare la prossima redenzione ai giusti del seno di Abramo.
Qui, anima mia, è necessario, se vuoi intendere gli affetti della santissima Sposa di Giuseppe, che tu dimentichi tutte le affezioni carnali. Maria assiste il suo Sposo nell'ultima malattia, facendo a gara con Gesù per porgergli ogni conforto. L'amantissima Sposa che sente tutto l'affetto naturale e soprannaturale per il dilettissimo Sposo, suo conforto, suo sostegno, suo aiuto in ogni cosa, prova tutta l'amarezza ed il distacco del sentimento umano, ed insieme tutto il conforto di quell'amore che viene da Dio. Sente vivo il dolore, amara la separazione, ma nulla di disperato, nessuna conturbazione che faccia mormorare della Provvidenza, che ci ha fatto per il cielo, e ci chiama al cielo ciascuno alla sua volta.
Compatisci Maria, in questo suo dolore, che anche fra le braccia della speranza soprannaturale è pur sempre amarissimo; e poichè anche tu dovrai trovarti immancabilmente in punto di morte, pregala che ti faccia parte del suo sentimento soprannaturale, sicchè, sebbene amara, la morte ti sia consolante.
O Gesù, che confortaste il santissimo vostro padre putativo in punto di morte, confortate anche me in quel doloroso passaggio: o Maria che assisteste con affetto di sposa Giuseppe moribondo, assistete anche me con affetto di madre in quell'ora tremenda: S. Giuseppe, fate che la nostra morte sia come la vostra!
Se desidero nella mia morte l'assistenza di Gesù, Giuseppe e Maria, cercerò di vivere sempre preparato ad una buona e santa morte.
8 settembre. Gesù comincia il suo ministero.
L'anno quindicesimo di Tiberio Cesare... la parola del Signore invase Giovanni Battista nel deserto, e uscì per tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di penitenza in remissione dei peccati ». Era l'adempimento di un oracolo di Isaia, che diceva: « Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via al Signore! » La grande austerità del predicatore, che tanti anni aveva passato nel deserto in atti di penitenza singolare e contemplazione sovrumana, ed ora si presentava alle turbe vestito di peli di camello e cinto le reni con zona di Delle, in breve tempo iniziò un moto religioso straordinario, e la fama di lui si sparse per la Giudea, Galilea ed oltre. Gesù, che come Dio disponeva quesse, mostrò alla sua santissima Madre, ormai vedova, che era venuto il tempo di dover egli essere nelle cose del Padre suo, senza riguardo ad umani impedimenti. « È tempo, dice villa dilettissima Madre sua, che io vada, glorifichi il Padre mio, lo faccia conoscere e manifesti me stesso al mondo, ed operi la salute delle anime, per la quale fui mandato. Confortati dunque, carissima Mamma, che tornerò presto a te: e piegando le ginocchia il maestro dell'umiltà, le chiede la benedizione. Anche Maria prevenendo l'umile gesto del Figlio, si inginocchia e con lacrime abbracciandolo teneramente gli dice: Figlio dilettissimo, vai pure benedetto dal Padre tuo e da me, e ricordati di me, e che io ti riveda al più presto. E Gesù si parte, va da Giovanni, è da lui battezzato, é tosto lo Spitito Santo lo spinge nel deserto, dove digiuna per quaranta giorni, vince la triplice tentazione del diavolo ed infine sente fame, e gli Angeli gli si accostano e gli recano da mangiare.
Il Serafico S. Bonaventura con isquisita delicatezza, e senza ombra d'inverisimiglianza, immagina che gli Angeli andassero a chiedere a Maria il cibo che volevano somministrare a Gesù, e che la tenera Madre, cotti subito alcuni pesci, con pane, erbe, bevanda e rustico servizio, consegnasse tutto ai messaggeri celesti, e così la Madre sovvenisse anche una volta ai bisogni dell'amatissimo figlio.
Questo commoventissimo pensiero possiamo senza troppa esitazione adottarlo per vero, ché risvegliandolo bene nella nostra mente, ci riempirà di soavissimi affetti il cuore.
Consideriamo Maria santissima ormai vedova e sola nella sua povera casetta di Nazaret N non si lamenta, no, della sua desolazione, nè materialmente era proprio sola. Già la moglie del fratello di S. Giuseppe, Maria di Cleofa con i suoi giovani figli Giacomo, Giuseppe, Giuda, Simone, e la sorella di lei Maria Salome moglie di Zebedeo con i suoi giovanetti figli solevano visitarla di frequente, sichè sembravanp della stessa famiglia, ed i Nazaretani chiamavano tutti quei figlioli col nome di fratelli e sorelle secondo l'uso ebraico; ma. qual differenza tra i sentimenti della Madre di Dio e quelli di tutti costoro! Più tardi molti crederanno, ma intanto Maria sola comprende la missione del Figlio di Dio, e sola partecipa alle sue umiliazioni, alle sue fatiche, al suo digiuno di. quaranta giorni. Parte di queste cose le indovina per sentimento materno, parte le comprende per lume di fede vivissima, parte le sono manifestate dagli Angeli. Di tutte sente quella sovrumana amarezza ed insieme gaudio divino, che la salute del mondo oramai cominci; e si offre a Dio con piena dedizione, per cooperare con tutte le sue energie all’opera del Figlio suo.
Considera, anima mia, questi nobili sentimenti della Vergine, che sebbene nascostamente, pur sarà dietro le vestigia del Figlio suo una grande missionaria. E tu che fai? Non rifletti che la Provvidenza ha affidato a ciascuno la propria salute e quella del prossimo suo? Sacrificarsi con pazienza ed insistenza è la virtù del Cristiano. Se Gesù Cristo ha fatto tanto per illuminarci e salvarci, chi sì rifiuterà di mettersi a sua disposizione per lavorare alla salute delle anime?
Vergine zelantissima, che non vi rifiutaste a nessuna privazione, a nessun sacrificio per adempiere il voetro ufficio di Corredentrice, pregate Gesù Redentore per noi che ci renda degni di associarci all'opera sua.
Secondo le mie forze e l'esigenza del mio stato, mi studierò di zelare la salute delle anime, e se non posso farlo con l'opera e la parola, lo farò con ogni altro mezzo a mia disposizione.
9 settembre. Maria alle nozze di Cana.
Gesù dopo l'austera quarantena tornò dal deserto a Betania di là dal Giordano ove di. mórava Giovanni Battista. Il santo Precursore in questa occasione l'additò ai suoi discepoli dicendo: Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie via il peccato del mondo ». Il giorno seguente Gesù fece la prima sua conoscenza con Andrea e Giovanni e Simone fratello di Andrea, cui Gesù rivolse uno sguardo speciale e gli predisse che sarebbe stato chiamato Pietro.
Il terzo giorno tornò in Galilea ed ivi incontrò Filippo, che gli recò anche Natanaele. In questa occasione Gesù si riunì alla sua Vergine Madre, ed il terzo giorno dopo venuto a Nazaret, ne riparti con la Madre e quei pochi discepoli per recarsi a Cana dove si festeggiavano le nozze di uno dei suoi cugini. Ecco Gesù e Maria ad un convito nuziale partecipi della schietta gioia di quei semplici Galilei. Il nostro sentimento si trova quasi urtato pensando che Gesù e Maria si abbassino soverchiamente pigliando parte ad un banchetto di nozze, che sia pure onestissimo, ha sempre qualche cosa di mondaho. Ma quanto sono sciocchi questi nostri pensamenti, quanto lontani da quelli di Gesù e di Maria!
Chi è infatti Gesù? Il Verbo di Dio fatto uomo, che in sè innalza la nostra umanità alla personalità divina. Chi è Maria? Una figlia di uomini, una nostra sorella elevata alla dignità quasi infinita di Madre di Dio.
Gesù è l'uomo, .Maria la donna nei quali l'umanità nostra è innalzata sino a Dio per il quale era stata formata. Quali sono le sor. penti di questa umanità? II matrimonio istituito da Dio nel paradiso terrestre, e deturpato, avvilito, guastato dal demonio corruttore ed omicida. Vengano, vengano Gesù e Maria, i restauratori della umanità, vengano ad assistere non solamente a queste nozze di Cana, ma a tutte le nozze che si celebreranno fra gli uomini! E Gesù ci verrà elevando il matrimonio alla dignittà di sacra'mento; Maria vi assisterà come portatrice della grazia del suo Figliolo a tutti gli sposi cristiani.
Rifletti che tutto ciò non è un pio desiderio, nè una poetica fantasia, bensì una realtà vera. Gesù era andato a quelle nozze, predisposta prima ogni cosa per manifestare la sua gloria, dando principio alla restaurazione dell'umanità, col santificare le sorgenti della vita.
Gli sposi di Cana erano parenti di Gesù e di Maria, quindi non troppo più ricchi di questi. Lo si vide subito, sul più bello venne a mancare il vino. Maria con isquisita delicatezza se ne avvide, indovino il rossore che ne avrebbero provato gli sposi, e con la sua viva fede nella divinità del suo Gesù, gli disse: « Non hanno più vino ». Maria voleva dir tante cose con quelle brevi parole, e Gesù lo comprese benissimo; ma era tempo di rivelare il suo vero essere, bisognava che Maria in questo non entrasse come madre, ma come santa creatura la cui fede può impetrare da Dio un'opera propria di Dio; laonde così le disse Gesù: « Donna, che ho io a fare con te? La mia ora non è peranco sonata!» Sembrano parole dure e di rimprovero, ma non sono tali. È Dio che parla, alla sua creatura, e promette che al suo momento provvederà. Maria lo intende, dà gli ordini opportuni, e Gesù al momento voluto muta miracolosamente l'acqua in vino squisito! È il primo miracolo di Gesù, segno parlante di ciò che era venuta a fare, a mutare cioè l'amore naturale m carità; le nozze naturali in sacramento santificante!
Ecco, anima mia, perchè ogni abuso della carne è gravemente colpevole; l'uomo non deve guastare l'opera di Dio abusando di una grande sua facoltà a sfogo della bestialità che in lui rimane.
Desidero, Vergine purissima, intender bene questa lezione, per innamorarmi di quella purezza di costume che esige la santità o la perfezione del mio stato: voi con la vo. stra potente intercessione ottenetemi da Gesù questa elevazione di tutti i miei sentimenti, per riuscire degno figlio vostro, degno fratello di Gesù.
Farò gran conto della purezza del cuore, della mente e del corpo mio, rifuggendo da tutto ciò che potrebbe macchiarmi di impurità.
10 settembre. Maria discepola di Gesù
Quantunque il Vangelo, fasci nell'ombra Maria santissima durante il periodo della vita pubblica di Gesù Cristo, pur tuttavia quest'ombra non è così folta, chè non lasci scorgere più di un punto, più di un lato della sovrumana figura della più diligente discepola di Cristo.
E prima di tutto è certo che Gesù non abbandonò mai la mamma sua, sino al momento di affidarla dalla croce al discepolo Giovanni. Nei primi mesi della sua predicazione Gesù si rifugiava presso di lei in Nazaret nella sua casetta di giovane operaio. Nel suo primo viaggio a Gerusalemme Maria lo dovette seguire con altre donne parenti e conoscenti per celebrare anch'esse la Pasqua nella santa città, quantunque viaggiassero per conto loro. Poco più tardi Gesù tornato in Galilea trasportò il suo domicilio da Nazaaret a Cafarnao, dove condusse seco oltre la sua madre, la cugina o cognata di lei, Maria di Cleofa, coi figli e le figlie di costei. Più tardi quando i viaggi di Gesù divennero più frequenti e più lunghi, Maria fu senza dubbio di quella pia brigatella di donne che seguivano Gesù sovvenendolo con le loro facoltà.
Consideriamo come Maria non seguisse Gesù soltanto per affetto materno, ma lo seguiva principalmente per far tesoro degli insegnamenti di lui, ed attuare in sè l'ideale della più perfetta discepola di Cristo. Per intendere questo, consideriamo un grazioso episodio raccontato dal Vangelo. Era già il terzo anno della vita pubblica di Gesù, e non vuole lasciarla cadere, e così elegantemente l'approva e la spiega: «Certissimamente sono beati coloro che ascoltano la parola di Dio e ne fanno tesoro!» È un elogio meraviglioso che Gesù fa della madre sua, e lo estende a chiunque la voglia imitare.
« Gesù asserisce, che non soltanto è beata colei che meritò di generare corporalmente il Verbo di Dio, ma che chiunque concependo spiritualmente lo stesso Verbo, ascoltando cioè e credendo, si studia di alimentarlo nel suo cuore e partorirlo nel cuore dei prossimi. Poichè anche la stessa Madre di Dio fu davvero beata per essere stata la ministra temporale dell'Incarnazione del Verbo; ma fu molto più heata per il fatto che fu custode eterna dello stesso Verbo amato ed imitato studiosamente ».
L'anima di Maria era davvero l'ottimo terreno nel quale caduta la parola di Dio germogliava tosto, cresceva rigogliosa, fruttificava il cento per uno nella pazienza più eroica, Non era soltanto ascoltatrice Maria delle belle parole del suo Gesù, ma imitatrice studiosa delle azioni di lui: Gesù, umile, povera, nascosta; come come Gesù, in continui viaggi e fatiche; come Gesù, assillata continuamente dal dolore per la incredulità di tanti Ebrei, per l'ostinazione di quei malvagi che osavano calunniare anche le opere divine di Gesù attribuendole al demonio. Quanta pazienza tare la tenerissima Madre, sentirne, quante lacrime e sare innanzi a Dio per la quel popolo che era il suo! Quanto vorrei somigliare a prudentissima, nel far toro di Dio, ed adoperarla nell'esercizio cristiana pazienza! Impetratemene grazia dalla misericordia del vostro Figlio! Mi fisserò bene nella mente che il frutto della divina parola si vede nell'esercizio della pazienza cristiana : non mi lamenterò mai nelle avversità.
11 settembre. Maria compagna di Gesù nelle persecuzioni.
Col progredire del pubblico ministero di Gesù, l'ostilità dei suoi avversari si faceva più palese ed ostinata. Lo si osservava in ogni sua azione, e si trovo modo di calunniarlo come disprezzatore della legge, perchè non pigliava il riposo sabatico con quel rigore che pretendevano i Farisei; disprezzatore delle tràdizioni dei padri, perchè gli Apostoli non osservavano tutte le abluzioni ímposte da quei puritani; si disprezzarono i suoi miracoli, perchè li faceva in giorno di sabato; si arrivò persino ad attribuirli a satana: era il colmo: Eppure non bastava a quei ciechi superbi.
Ecco la tragica notizia della decollazione del Battista, la cui testa veneranda fu consegnata a strazio ad una ballerina ed alla impudica sua madre! La congiura dei capi della Sinagoga stringe le sue fila, si delibera di disfarsi ad ogni costo dell'inviso banditore della verità. Cosiiochè Gesù non ebbe più un villaggio dove stare sicuro, e fu bisogno che passasse di regione in regione, secondo l'opportunità, per isfuggire tante insidie.
Queste trame contro 1a vita dell'Uomo Dio erano troppo bene conosciute da lui, ma per la maggior parte sfuggivano ai suoi discepoli ed alle turbe che lo applaudivano. C'era anche un'altra persona che tutto osservava, alla quale le dolorose notizie giungevano frequenti come i nunzi di Giobbe, accumulando nel suo tenero cuore amarezza ad amarezza, senza però alterare la invitta sua pazienza, nè -pezzarne la costanza. Quando in particolare fu recata a Gesù ed ai discepoli la funesta notizia della decapitazione del Battista, con Gesù pianse, anche Maria, che ricordava con quanto affetto avesse levato di terra quel suo nipotino appena nato. E Dio sa quante altre tristi nuove le fecero sanguinare il cuore e ne spremettero lacrime amare.
Non era Maria una debole donna che inconsapevole dell'avvenire potesse farsi illusione di eventi lieti, di successi brillanti, di onori, agi, felicità. Non era di coloro che speravano il vero Messia essere per regnare alla maniera dei re di questo mondo: troppo bene conosceva il tragico termine a che sarebbero venute quelle feroci persecuzioni. Il Cristo doveva soffrire ogni strazio sino alla morte, e per questa via entrare in possesso della sua gloria. Non solo Maria sapeva tutto questo, e ne aveva la visione continua innanzi agli occhi, ma ne provava ogni giorno l'amarezza ognor crescente.
Eppure non si lamentava nè con Dio né con gli uomini; non dava in ismanie ne in im. pazienze, ma sempre più si confermava nel volenteroso proposito di partecipare ai patimenti di Cristo, perchè questa era la parte che il suo ufficio di Corredentrice le riservava. Ripeteva le parole che Isaia aveva posto in bocca al Messia paziente: « Dio mi ha fatto conoscere il suo volere: non contradirò, non mi volterò indietro!» ed eccola pronta e perseverante nell'accompagnare il Figlio in tutte le persecuzioni.
Quanto dobbiamo imparare da Maria noi che ci stanchiamo tanto presto nella via della virtù; noi che messa la mano all'aratro guardiamo indietro, e ci rendiamo inetti al regno dei cieli. Se ci manca la consolazione, se incrudisce la prova, crescono le tentazioni, si dilegua 1'idealè che ci eravamo proposti, siamo capaci di annoiarci del nostro stato abbracciato per vocazione divina. Siamo fiacchi, Ieggieri, mutevoli, non sappiamo perseverare nell'adempimento del dovere per puro amore di Dio. Che possiamo dire a nostra scusa? Il solito sofisma, Maria era santissima e confermata in grazia, noi miserabili peccatori! Forse che la conferma in grazia toglieva a Maria la libera volontà o il senso del dolore? Niente affatto! Forsechè noi siamo miserabili e peccatori perchè ci manca la grazia, o non piuttosto perchè le resistiamo, la rifiutiamo? Su, via, raccomandiamaci alla Madre della divina grazia, alla ministra delle divine misericordie, perchè ci ,assista con la sua materna intercessione, sicchè noi diventiamo più saldi nei nei nostri propositi, più perseveranti bene.
Il dono della perseveranza finale non si può meritare, ma Dio lo concede ordinariamente ,a chi corrisponde fedelmente alla serie di grazie a sè preparate: mi studierò dunque di star sempre saldo nella vocazione in cui Dio mi ha posto.
12 settembre. Maria in Betania.
Dal momento della resurrezione di Lazaro l'ostilità dei nemici di Gesù era giunta al parossismo: in un'adunanza del Sinedrio si era deliberato, relatore Caifas sommo sacerdote di quell'ultimo anno del sacerdozio levitico, che Gesù fosse messo a morte, perchè questa morte pareva necessaria per la salute pubblica. Si era dato il bando perchè chiunque sapesse dove egli si era nascosto, lo denunziasse all'autorità, e fosse arrestato. Gesù che aveva le ore contate, ma contate da lui stesso, credette opportuno ritirarsi nella borgatella detta Efraim, al di là del Giordano, accanto al deserto. Quando credette giunto il tempo riprese il viaggio alla volta di Gerusalemme, senza nulla temere: passò per Gerico, venne a Betania, dove era morto Lazaro che egli aveva risuscitato. Mancavano sei giorni alla Pasqua, era quindi il Sabato precedente quella che noi chiamiamo la Domenica delle Palme.
Sappiamo che in questo viaggio accompagnavano Gesù Maria Salome, e le principali sue compagne, perciò si può supporre che non ci mancasse la Madre di Gesù, che in quei giorni di trepidazione soffriva più che mai per la nera congiura che sapeva stringersi intorno a lui. Immaginiamo quindi, senza terna di sbagliare, che Maria era con alcune sue compagne, gli Apostoli e Gesù in Betania quel Sabato sera. Fu a tutti questi illustri e graditissimi ospiti apprestata una cena nel cenacolo di un certo Simone soprannominato il Lebbroso. Marta era la Uocendiera, Lazaro uno dei commensali, Maria loro sorella presa una libra di unguento di nardo genuino e prezioso, ne unse i piedi di Gesù, e spezzato il vasello che lo conteneva ne sparse in tanta copia, che crede necessario astergerlo con le sue treccie. Segno di grande amore, riverenza ed infinita riconoscenza all'ospite divino che le aveva risuscitato il fratello. La Vergine osservava tutto, ed in cuor suo benediceva quella devota Maria che mostrava tanto amore al suo Gesù.
Ma ecco motivi di turbamento ed indicibile affanno. « Disse uno dei discepoli di Gesù, Giuda l'Iscariote, che stava per tradirlo: Perchè questo unguento non è stato venduto? Se ne sarebbero ricavati trecento danari da darsi ai poveri ». Diceva questo non perchè gli'importasse dei poveri, ma perchè ladro com'era e custode della borsa, faceva la cresta di quel che ci si metteva. Disse adunque Gesù: «Lasciatela stare, che ha prevenuto il prossimo giorno della mia sepoltura. I poveri li avete sempre con voi; me non mi avete sempre. Con questa unzione ella mi ha imbalsamato per la sepoltura. In verità vi dico che dovunque sarà predicato il Vangelo, si narrerà questa sua pietosa azione in memoria di lei».
Maria ascoltava queste parole, e se le scolpiva in cuore. Tutto sembrava pura gioia, effusione di delicatissimo amore, di riconoscenza, allegrezza intima e tranquilla, ed ecco il traditore interessato, ecco la morte, l'imbalsamazione, la sepoltura di colui al quale tutti i commensali professavano una gratitudine, un amore senza limiti. Eppure quanta mestizia, quanta trepidazione si provava al fondo di ogni dolce cosa! Maria specialmente era vigilante sulla sua specula di dolore, e quel convito non era per lei, che un risveglio di più alla sua tristezza acerbissima. Ai motivi di pena accumulati sin qui nel suo cuore ferito, si aggiungeva ora la raccapricciante vista del traditore. Anche questa pena pungentissima e straziante dovrà soffrire il mio Figlio!... Essere, tradito da un discepolo, per rifarsi di pochi soldi schifosí!... Essere tradito dopo aver fatto tanto bene al traditore, dopo averlo tanto amato!... E quella unzione uscita da un cuore amante e riconoscente, è dunque una imbalsamazione per la sepoltura del Figlio mio, ormai imminente!...
Quale strazio al vostro cuore, o Madre tenerissima, chi può comprendere l'acerbità del vostro dolore?! Ma il dolore per le sofferenze del Figlio vostro è la mirra che condisce tutti gli atti della vostra santissima vita. Perchè anch'io non condisco tutte le mie occupazioni tristi e liete con questa mirra, che è aroma grato a tutte le anime grandi? Impetratemene voi la grazia.
Il ricordo della passione di Gesù Cristo non mi abbandonerà mai, specialmente nelle azioni piacevoli e distrattine della mia vita.
13 settembre. Penoso commiato.
«Qui va inserita una meditazione molto bella, della quale tuttavia la Scrittura non parla; così il Serafico Dottore si introduce a raccontare il mestissimo commiato che Gesù volle prendere da Maria sua Madre prima di cominciare la sua passione. Confessa il Serafico, che di questo non parla la Scrittura, ma è cosa chiara che lo si può e lo si deve supporre. « È opinione comune dei santi che l'amoroso Redentore non principiasse l'atroce Passione senza averne prima domandato licenza alla dolcissima Madre sua che tanto amava e da cui sapeva di essere cotanto amato ». Consideriamo perciò come Gesù e Maria ritiratisi dalla casa di Simone a quella di Marta e Maria, e ridottisi soli a soli nella stanza loro assegnata, dopo essersi detti tante cose col cuore in tumulto e lo sguardo turgido di lacrime, il Figlio rompe quel silenzio angoscioso e dice alla Madre che dalla seguente mattina cominceranno le supreme lotte col potere delle tenebre, e che egli in pochi giorni ne sarà vittorioso, ma con lo spargimento di tutto il suo sangue, e con la morte terribile della croce! Maria ascolta singhiozzando e piange! Poi con voce alterata dal pianto esclama: Oh se potessi andar io alla morte invece tua, o dolcissimo Figlio mio!.....
Ma lo so, nè la mia vita, nè quella di qualsiasi altra creatura, ha tanto valore da bastare all'umano riscatto. Anch'io ho biso-, gno dello spargimento del sangue tuo, o Agnello divino, anch'io spero di essere in eterno con Dio nella gloria per i meriti tuoi!... Va pure a sacrificare sulla croce quella carne che prendesti dalle mie viscere a questo scopo! No, non posso nè voglio oppormi ai voleri di Dio. Ecco, ripeterò ancora una volta, ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo i suoi voleri!.... Ma di questo sii certo, o Figlio mio, gli dice con enfasi abbracciandolo, baciandolo, bagnandolo di lacrime, che il cuore della madre tua sarà sempre con te; con te patirà, con te sarà straziato, il tuo sangue sarà mescolato alle mie lacrime: questo ti sia prova del mio ardente amore!.. Gesù che ben conosceva la sublime perfettissima santità della Madre sua, gradisce quegli sfoghi di materno amore, la conforta, rianima ed incoraggia, ricordandole che ella pure ha la sua parte notabilissima all'offerta della Vittima divina. E di chi sono io, secondo la carne, se non tuo? La Vittima che si offre è anche tua, anche tu la offri per la Redenzione del mondo, nella quale mi sarai eterna cooperatrice!
Non è facile per noi percepire ed esprimere i sovrumani sentimenti di quei nobilissimi Cuori in quella solennissima occassione! Riproduciamo nell'animo nostro il quadra commoventissimo dell'Uomo Dio a colloquio con la Vergine Madre sua per comunicarsi il mutuo dolore, ed unirsi in un impeto di sublime carità al comune sacrificio per la Redenzione del mondo! Abramo col braccio steso in atto di immolare il suo unigenito dilettissimo Isacco, può suggerirci una parlante figura di Maria in quel penoso commiato dal suo Gesù.
Non distrarre, anima mia, i tuoi pensieri ad altre cose: cerca di penetrare nell'animo di Maria santissima e studiarne i sentimenti e gli affetti. È la più tenera fra le madri, che si duole pel sruo Figlio sacrificato a morte: sì tutto ciò è vero, e nessun'altra madre sentì mai dolore simile al dolore di Maria; ma rifletti che quel dolore non era una ingrata sorpresa.per Maria: non lo subiva contro sua volontà: non desiderava che le cose accadessero diversamente. Ringraziava Iddio che per la nostra salute mandava a morire l'Unigenito suo in quanto era anche Figlio di lei: e più lo ringraziava della parte che le concedeva alle pene acerbissime di Gesù!
O Maria Corredentrice nostra, impetrateci da Gesù Crocifisso, che nel meditare la passione di lui ed i vostri dolori, mettiamo da ogni umano carnale sentimento, per intendere il mistero di essi, e ricavarne frutto sano e duraturo.
Accrescerò la mia fiducia in Maria Addolorata nostra Corredentrice, e da lei imparerò a meditare ed imitare la Passione di Gesù Cristo.
14 settembre. L’ultima cena
Il Mercoledì Gesù si trattenne a Betania lasciando che la malignità e l'odio dei suoi nemici si riscaldassero e bollissero soffiati dalla rabbia infernale. Giuda prende gli ultimi accordi pel tradimento, mentre gli altri Apostoli con incertezza e trepidazione aspettano gli ordini del Maestro, per conoscere come e dove si sarebbe celebrata la Pasqua. « Sapete, dice il Maestro, che fra due giorni si farà la Pasqua, ed il Figlio dell'uomo sarà preso per esser crucifisso?. Venne la mattina del Giovedì, ed i discepoli ancora incerti gli domandano: Dove vuoi tu che ti apparecchiamo per mangiare la Pasqua?». Gesù presi in disparte Pietro e Giovanni, li manda a Gerusalemme avendo dato loro il segno per trovare il Cenacolo preparato. Pietro e Giovanni adempiscono puntualmente gli ordini di Gesù, ed all'ora stabilita Gesù è a tavola in Gerusalemme, in questo Cenacolo con í suoi dodici discepoli
Pertanto dalla sera del Martedì, a quella del Giovedì, Maria ebbe agio di rimanere accanto al suo Gesù nella fida Betania: non era ignara la Vergine della tempesta che fuori imperversava: quello che lo sguardo ed il cuore materno non le lasciavano indovinare, le doveva esser riferito da Gesù stesso, col quale in quei giorni d'inazione aveva lunghi colloqui. Consideriamo quali . sentimenti dovessero tenere in pena ed orgasmo quel cuore di madre in quelle lunghe ore tristissime. Il tradimento di Giuda, la vendita del Figlio di Dio per vile danaro, il proposito satanico di mettere a morte Pautore della vita, l'accanimento della persecuzione contro l'innocente... Oh quante freccie da far sanguinare il cuore della santissima Vergine! Misurane, anima, mia, l'acerbità.
S. Bonaventura pensa che Maria si recasse a Gerusalemme per fare anche lei la Pasqua con Gesù, e questo parere del Santo è più che verisimile, nè si potrebbe dissentire da lui..Accompagnamo dunque la Vergine che con alcune sue compagne venute di Galilea, in separata comitiva se ne viene in città, ed è ricevuta dal padrone e dalla. padrona del Cenacolo in casa loro.. Mentre Gesù nel piano superiore, detto propriamente il Cenacolo, sta celebrando l'antica e la nuova Pasqua, Maria sta con le persone di casa nel piano inferiore, che era l'abitazione dei proprietari. Dov'era il cuore della divina Madre? Certo lassù col Figlio suo e con i discepoli, tutta assorta nella contemplazione dei grandi misteri che vi si celebravano. Ad un certo momento impallidisce, trema, prorompe in pianto! Che cos'è? Si sentono i passi precipitosi e pesanti di uno dei dodici che scende per la scala esterna in fuga dispettosa! Maria indovina. È proprio lui, . il traditore, che va a consumare il nefando delitto! Un fremito del cuore materno, uno sguardo al cielo, dissero a chi li osservò, quanto soffrisse quell'anima immacolata!
E siamo pure del parere del Serafico Dottore, che Gesù mandasse alla Madre sua da qualcuno degli Apostoli, testè consacrati sacerdoti, la SS.ma Eucaristia! Con quanto amore, con quanta purezza Maria la ricevette! Ecco la comunione più degna, dopo quella di Gesù!...
Considera, anima mia, con quali sentimenti l'Immacolata Vergine Madre di Dio, accoglie in questa circostanza il Figliolo suo, che ora viene nel suo cuore come santificatore e vittima già qui stesso sacrificata per recarle accrescimento di santità, conforto opportuno, pegno di eterna gloria... Quanta pii. rezza, quanta devozione al sacrificio, quanto amore accolgono il Figlio Dio nel cuore di tanta Madre... Oh se tu fossi capace di avere un poco del sentimento di Maria, quando ti accosti alla santa Comunione!... Invece, che succede? Chi sa quanto dispiacere cagioni tu a Maria, quando ricevi il suo Figliolo con la tua freddezza abituale...
O Vergine Madre di Gesù sacramentato, impetratemi voi le disposizioni migliori per fare con frutto la santa Comunione.pongo di non risparmiare diligenza alcuna per fare la santa unione con le migliori disposizioni, per dar gusto a Maria, e riparare le offese orribili che si fanno a Gesù amore sacramentato.
15 settembre. La notte angosciosa.
Mentre Maria ed alcune sue compagne si intrattenevano con la famiglia loro ospite nel piano inferiore del Cenacolo, tutti più o meno assorti nel pensiero di ciò che avveniva nel piano superiore, ed in ascolto di ciò che poteva udirsi, dei sublimi discorsi che vi teneva Gesù, ecco un rumore di mobili smossi, si sentono, i passi dei convitati che si muovono levatisi da mensa: dopo poco eccoli a fila scendere cautamente per la scala esterna ed allontanarsi. Il giovinetto figlio dei proprietari, non sì può più frenare, invano i genitori tentano di rattenerlo, che egli si disvincola e fugge per unirsi alla comitiva di Gesù.
La raggiunge, che già sta per uscire di città verso la villa sua, il Getsemani, vi entra con Gesù e con gli Apostoli, è gode di udire le parole del Maestro, e spiare gli atti di tutti. Quando si crede più sicuro, ecco una turba tumultuante con faci, bastoni e spade, sicchè deve correre a nascondersi. La curiosità prevale per un momento alla paura, vuol vedere, vuol udire quel che accade e si dice. Ma ecco ché alcuni sgherri gli si avvicinano, lo prendono per il baravano che si era gettato sopra la tunica, sicchè non gli rimane che fuggire lasciando il haracano nelle mani di quelli che volevano prenderlo. Così in camicia corre a casa che gli si vedeva lo spavento in volto. I genitori cercano di consolarlo e di farlo riavere, ma la Vergine che era con loro, dopo aver consolato ed accarezzato il giovinetto Marco, vuol sentire da lui tutto ciò che ha udito e veduto riguardante il suo Gesù. Il giovinetto con profonda commozione dovette raccontare a Maria tutto ciò che più tardi scriverà nel suo Vangelo, che in questo tratto ha una visibile impronta personale.
« Arrivano all'orto del Getsemani, e dice ai suoi discepoli, statevi qui finchè io faccia la mia pregh_era. E prende seco Pietro, Giacomo e Giovanni, e cominciò a mostrare paura e tedio, e disse loro: È triste l'anima mia fino a sentirsi morire: aspettate qui, e vegliate. Ed inoltratosi un poco, si prostrava a terra, e pre«ava, che se fosse possibile passasse da lui quell'ora, e diceva: Abba, Padre, tutto tu puoi, allontana da me questo calice; ma non ciò ch'io voglio, bensì quello che vuoi tu! E viene, e li trova addormentati: e dice a Pietro: Simone, dormi? Non avesti forza per un'ora di vegliare! Vegliate e pregate, per non cedere alla tentazione ». Segue il racconto di un'altra preghiera, un altro ritorno ai discepoli dormigliosi, poi quasi interrompendosi, passa a quel che più gli era restato impresso. Giuda, la turba, le cautele del traditore; il bacio del tradimento, lo zelo intempestivo di Pietro, le proteste della Vittima, la fuga dei discepoli, l'arresto di Gesù, il tentativo di catturare anche lui.
Considera quale impressione dovette fare nel cuore della Madre amantissima questo tragico racconto. Dire che piangeva sospirando e mostrava di soffrire terribilmente è poco. Bisognerebbe intendere l'orrore che provava del perfido tradimento, la compassioneper i discepoli che avevano trascurato di pregare, le agonie del Figlio suo che si ripercuotevano con altrettanto dolore nel cuore della Madre.
Così mentre Gesù pregava intensamente, combatteva per rivendicarci alla libertà dei figli di Dio, e nell'angoscia sudava vivo sangue; anche Maria soffrendo indicibile cordoglio passava quella notte angosciosa in fervida preghiera, unita con l'affetto a Gesù agonizzante.
Impara dalla Verigne Addolorata a stare sempre unito a Gesù penante, vegliare con lui in continua preghiera, soffrire tutto ciò che sarà necessario per salvare l'anima tua. Non ti fidare della prontezza momentanea del tuo spirito; che troppo facilmente cede alle pretese della carne ribelle. Armato di pazienza corri al combattimento che ti si para innanzi, non torcendo mai lo sguardo dall'Autore della nostra fede Gesù». Ricorri all'intercessione della Regina dei Martiri!
Nei momenti più tristi e contrariati della vita insisterò con più fervore nella preghieavere forza da resistere alla tentazione.
16 settembre. Maria ascolta l'Apostolo Giovanni.
Già trascorsa la metà di quella notte angosciosa, che alla dolente Madre dovette sembrare
eterna, ecco entrare in casa commosso e trepidante il figlio di Maria Salome, Giovanni, che con grande vivezza e commozione racconta a quelle pie donne quel che ha veduto e udito riguardo a Gesù.
Giovatoti non era fuggita al momento della cattura, ma insieme a Pietro aveva seguito le orme della banda che si menava via straziandolo l'Agnello divino. Era entrato nel palazzo de' principi dei sacerdoti, aveva fatto introdurre anche Pietro, e poi seguito più da presso che poteva l'amato Maestro. Diceva dell'interrogatorio fattogli da Anna, dello schiaffo datogli dal servo villano: parlava dei falsi testimoni addotti contro Gesù; della solenne confessione da lui fatta della sua divinità; degli nrli, schiamazzi, proteste del Sinedrio a quell'affermazione; della candanna a morte pronunziata per acclamazione contro il Cristo, il Figlio di Dio vivo! Qui coprendo con uno scoppio di pianto una pietosa reticenza, prosegue a descrivere più con cenni e sospiri che parole l'indegno scempio -xsato dal servitorame di palazzo, e anche dai gravi dottori in legge verso la divina persona di Gesù. Pugni, schiaffi, sputi in faccia, parole villane, provocazioni indegne, cose inenarrabili adoperate contro di lui: e del suo patire si era appena al principio! Quanto soffrirà a quest'ora il caro Maestro!
Se Giovanni era commosso e piangente nel fare quel racconto, immagini chi può l'angoscia che causava nel tenerissimo cuore della Vergine! Le lacrime eran quasi un sollievo, quando non ne disseccava la fonte la troppo veemenza dell'ambascia, da restarne quasi impietrita. Oh come vedeva vive e palpitanti quelle scene indegne con i suoi occhi di madre! Quanto soffriva nel sapere deturpato di sputi, percosso di schiaffi quel bellissimo volto divino, che ella aveva sempre baciato più con religiosa riverenza, che con affetto materno! Nella veemenza del dolore la si vedeva con la pezzuola in mano fare il gesto di asciugare quel volto imbrattato come se lo avesse li presente! Povera Madre, quanti motivi di afflizione trovava in qualunque circostanza ponesse attenzione!
E gli amici di Gesù dove sono? I più fuggiti per paura di compromettersi, gli altri impotenti a porgergli aiuto: ricordava la desolata Madre quel detto: « Elongasti a me amicos, et proximos meos a miseriia ». Tu, o Signore, disponi che si allontanino da me amici e conoscenti nell'ora del ixaaggiore bisogno!
E la perfida, voluta, meditata ingiustizia dei maggiorenti del suo popolo contro l'innocente Figlio di Dio, quanto contristava l'animo della Vergine Madre. I testimoni addotti, neppur pagati e sobillati, riescono a produrre un reato qualunque contro l'Innocente: eppure no, lo si deve proclamare reo! Non ha colpe? Gli s'imputi a colpa la verità confessata!... La confessione della verità sia dichiarata bestemmía!...
Un'altra madre qualsiasi, anche se del resto virtuosa, nella situazione di Maria avrebbe dato in ismanìe, ìmprecato contro l’ingiustizia degli uomini, espresso lamenti, se non bestemmie contro Dio e la sua Provvidenza che simili cose permetteva!
Maria no, non impreca, ma prega per gli ingiusti principi, per i deboli amici del Figlio; non si lamenta con Dio, ma adora riverente le sue disposizioni, offrendosi prontissima a soffrire anche di più per essere più simile al Figlio di Dio, e cooperare alla salute degli uomini!
Quanta confusione per te, anima mia, che quando è tempo di provare a Gesù il tuo sincero attaccamento, ti spaventi delle prove, rifiuti di soffrire, e Dio non voglia che in questi momenti tu preferisca di accomunarti coi nemici di Gesù, invece dichiararti per lui a viso aperto!.. Vergine Santissima, infondetemi del vostro coraggio!
Calpesterò generosamente ogni rispetto umano, quando si tratti dell'onore di Gesù Cristo, e della salvazione dell'anima mia.
17 settembre. Pietro pentito ricorre a Maria.
La triste notte era all'ultima veglia, già l'alba imbiancava il balzo d'oriente, foriera del gran giorno della umana Redenzione. Nella casa di Maria madre di Gíovanni Marco, si vegliava ancora in pianti e lamenti, e tutti si stringevano attorno alla Madre di Gesù, per consolarla del loro meglio. Quand'ecco entrare frettoloso e sconvolto Simon Pietro singhiozzante e stemperato in lacrime: avrebbe voluto nascondere il suo volto, tanta vergogna provava; ma il bisogno più grande era quello di cercare una persona, che sola poteva palesargli tutto il significato di quello sguardo di Gesù, che era sempre il suo maggior rimprovero, e nel tempo stesso la sua più consolante speranza. Scorge la Persona cercata che sembra l'immagine del dolore impietrito, ma quanta bontà spirano quegli occhi lacrimosi, quanta fiducia gli dànno! Si appressa alla Vergine Madre e cadutogli ginocchioni innanzi, col gesto e con lo sguardo la supplica di perdono per parte sua, e che voglia assicurarlo che anche Gesù lo ha perdonato. Quello sguardo, quello sguardo lo ferisce e conforta ancora, e gli fa versare dagli occhi un profluvio di lacrime! Conversu Dominus respexit Petrum... Et egressus forar Petrus f levit amare! Riesce a mala pena a far la sua confessione spezzata dai singhiozzi e dai sospiri che gli soffocano il cuore.
« Ah, cara Madre del mio Signore, il vile, l'ingrato, il cattivo che fui! Per difenderlo menai colpi all'impazzata, recisi anche un orecchio: mi pareva così di dimostrargli a prova come non mi fossi scandalizzato di lui!... Ma lo spavento di quest'orribile notte mi vinse, presi a fuggire, ma mi vergognai della mia viltà... tornai indietro, lo seguii da lungi; mi riuscì con l'intervento di Giovanni ad entrare fin dentro all'atrio del palazzo; ma, oh vigliacco! proprio sulla porta ebbi paura della portinaia e le risposi che non ero discepolo di Gesù! Non compresi il male che avevo fatto: mi parve una misura di prudenza; e non ebbi alcuno scrupolo di mescolarmi con la ciurmaglia dei servi e dei ministri che stavano sogghignando a scaldarsi ad un fuoco che avevano acceso in mezzo all'atrio. Quanti ne vomitavano d'improperi contro Gesù quelle bocche di dannati! Avrei voluto nascondermi sotterra per non essere conosciuto come suo discepolo! Disgrazia volle che lo ossi, e mi furono rivolti sarcasmi e maligne insinuazioni! Persi il lume degli occhi, non ascoltai più che la paura, e giù a spergiurare, negare, che non l'avevo mai conosciuto.
levarmi di là, ma andavo come un mentecatto: sulla porta dell'atrio altre domande, altri sogghigni al mio indirizzo, ed altra mia viltà... Ma sento cantare il gallo, ricordo le parole di Gesù, ed ecco che proprio allora i miei sguardi si incontrano cori quelli di Gesù, che mi guarda in modo che non dimenticherò mai più».
Maria mescolando le sue lacrime quelle di Pietro, lo solleva da terra, e fortandolo gli dice: Confida, figlio carissimo, che anche per te soffre il Figlio di Dio vivo; la tua dolorosa penitenza è segno che i suoi patimenti non sono inutili, ma fruttuosissimi per te. quello sguardo che ancona ti penetra il cuore è pegno di perdono generoso, di rinnovata amicizia. Non sente Maria nè avversione nè sdegno per Pietro, che ha vilmente rinnegato il suo Figlio; ma compassione, ma amore materno più vivo che mai, perchè lo vede sinceramente piangere il suo fallo. Anche per Maria Addolorata è un conforto, ed un incoraggiamento a soffrire con Gesù ogni peccatore che sinceramente si penta di aver offeso Dio, e gli chieda perdono. Quelli che affliggono il suo cuore materno sono quei pretesi giusti a modo loro, che commettono contro Gesù la più orrenda ingiustizia, e si persuadono di aver. ragione!
O Maria, Madre di misericordia, implorate per me peccatore la misericordia del vostro divin .Figlio, che mi guardi, benignamente e converta.
È di Dio tutto quello che c'è in me di bene di qualunque ordine: di mio non ho che il nulla ed il peccato: mi riterrò dunque il più grande peccatore.
18 settembre. Dolore di Maria spettatrice della flagellazione di Gesù.
Era la grande Parasceve di Pasqua, l'ora pressappoco seconda, quando Giovanni uscito per prender voce su quanto accadesse all'amato Maestro, tornò e riferì che i Sinedristi avevano menato Gesù al loro Concilio nella sala ufficiale presso il tempio, ove interrogatolo ed avutane la stessa confessione che la sera precedente, avevano segnato la sua condanna a morte. Che già si disponevano a presentar il condannato al Preside Ponzio Pilato, affinchè facesse eseguire la sentenza. Non c'era tempo da perdere: era il momento dì appagare le ansiose brame di Maria, che voleva essere spettatrice e partecipe delle pene dell'amatissimo Figlio. Con le tre Marie, la Maddalena, la moglie di Cleofe e la madre dello stesso Giovanni, esce di casa Maria, la Vergine che dalle altre tutte si distingue per più mesto atteggiamento di pianto e di dolore. Giovanni con qualche altro loro di scorta.
Giungono innanzi grida ostili e gli schiamazzi dei Giudei, sono testimoni del contrasto tra Pilato ed i capi della Sinagoga; con gran pena seguono Gesù sino al palazzo di Erode, ma appena fanno in tempo che lo vedono ricondotto a Pilato. Qui le ansie e gli affanni di Maria diventano più angosciosi, chè deve vedere l'innocentissimo Figlio posposto all'omicida Barabba, gridata a morte dalla plebe sobillata dai suoi capi, e condannato alla flagellazione. Oh quanto le martellava il cuore nel petto alla tenerissima Madre, pur prevedendo lo strazio che sarebbe stato fatto tra poco delle carni delicatissime di Gesù! Alla apprensione succede più triste realtà. Ecco l'Agnellino Gesù afferrato da leopardi, ossia soldati e tratto in mezzo al pretorio; con furia lo si spoglia nudo nudo, che ne diventa rosso per vergogna, e si vede ad occhio quanto ne soffra la sua delicatezza. Gli si legano i polsi ad una bassa colonna, sì da costringerlo a rimanere curvo. Ma ecco, di quei soldati chi armarsi di piombate, chi di scudisci, chi di rami di spini, e a due a due dandosi la muta, rovesciare colpi pesanti, senza badare quali parti del delicatissimo corpo percuotessero! Ve' come tutta la pelle reca i lividi segnali delle percosse; come qua e là si lacera e versa sangue da mille ferite: in breve diventa tutto una piaga, e non si vede che rossore sanguinolento! Sangue imporpora tutto il corpo di Gesù; sangue gocciola sul pavimento; sangue schizza nella colonna e nelle vesti dei carnefici. Ben si può raffigurare Gesù pesto dai flagelli a un grappolo d'uva matura che stretto. sotto il torchio sprizza da ogni parte il suo prezioso umore. E tutto questo osserva con i suoi occhi la tenera Madre! Chi puà ridire il sentimento doloroso che amareggia il cuore e l'anima di lei?... Oh come quei, colpi si ripercuotono in lei! oh quanto la fanno soffrire.
Maria sola intendeva in quel momento tutta l'opera della divina carità del Figlia suo nell'assoggettarsi all'umiliante tormento, Veramente Gesù ha preso sopra di sè innocente le lividure dovute a noi colpevoli: ramente egli porta i dolori dovuti ai nostri peccati! Egli è percosso per le nostre iniquità: pesto per le nostre scelleragini! Intendilo bene, anima mia, per te sanguina Gesù, per te lacrima Maria! Per te che con tante immodestie, vanità, turpitudini provochi continuamente l'ira di Dio: per te, che preferisci i piaceri del corpo alla tua propria salute! Guarda in Gesù flagellato e sanguinolente, in Maria moralmente straziata e lacrimante quali funeste conseguenze hanno i peccati di impurità. Vergognati e risolvi di distruggere in fretta.
O Vergine Immacolata, mi sento pieno di confusione riflettendo che tante volte ho accresciuto questo vostro dolore: deh impetratemi da Gesù il perdono delle mie impurità, e conducetemi a lavarle nel sangue di Gesù, che proprio per questo fu sparso in tanta copia!
Per amor di Maria Addolorata fuggirò risolutamente le occasioni che potrebbero le cattive abitudini, se in eterno la pena che me durmi a macchiare la purezza del cuore e del corpo.
19 settembre. La coronazione di spine.
Immobile, atteggiata di dolore, e di goscia stava Maria contemplando l'indegno strazio che si faceva dell'amatissima suo Figlio; quand'ecco che i carnefici stanchi cessano dal battere, slegano le mani di Gesù che tutto una piaga sanguinolenta, mal reggendosi in piedi, si prova,a ripigliare le sue vesti. Maria sospende il respiro, e vorrebbe slanciarsi là per recare qualche conforto al dolente Figlio... Ma ecco che quei soldati con un sorriso sardonico si scambiano un motto, qualcuno esce, e torna seguito da. molti camerati, tutta la coorte: è un branco di lupi attorno ad un agnello! Che hanno stillato di fare? Maria sospira profondamente e trema in tutta la persona. Ecco che alcuni si stringono intorno a Gesù, gli strappano di dosso le vesti sue, che non aveva finito di adattarsi alla persona: uno reca un vecchio mantello da soldato che era di colore scarlatto: la mantellina che il soldato romano si -gittava sopra le armi. Con l'aiuto dei compagni l'adatta a Gesù sul nudo in modo, che annodato in una spalla, faccia la figura della porpora regale: si fa sedere Gesù; ma ecco che da un altro lato si sta intessendo un non so che di corona con ramoscelli di acute spine! Il cuore della Madre si angoscia e cessa di battere! È uno spinoso diadema, anzi sembra un elmo, perchè apparisce un groviglio di spine intricate. Due dei manigoldi si fanno accanto a Gesù, e gli pongono sul capo quel ferale fascio di spine. Non entra bene: lo si spinge e calca con bastoncelli per non ferirsi le mani! Il volto di Gesù si contrae con doloitoso spasimo: nuovi rivi di sangue scendono dalla testa lanci nata da ogni parte: volto, barba, occhi, labbra sono irrigati di sangue! Se la tenera Madre non isviene, è perchè lo svenimento non cade in lei, creatura perfettissima ed immacolata; ma quanto e quale dolore!
Non basta: per compiere la beffa si pone in mano al re da burla una canna, che debba figurare lo scettro! La parodia è completa, non manca che protestare l'omaggio che si reputa degno di tale re. Ed ecco che dispostisi in fila quei schernitori della regalità di Gesù, gli vengono innanzi a due, a tre, a quattro per volta, e con gesto goffo e beffardo, fanno finta di ossequiarlo come re dei Giudei: « Salute al re dei Giudei! » dicono con ischerno diabolico: ed aggiungendo alla beffa il dolore, chi gli sputa in faccia, chi gli toglie la canna di mano, e gli ci batte il capo, chi fa il medesimo che ha in mano! Immagina, se puoi, mento penoso della Vergine Madre: non ti riuscirà, per quanto tragiche situazioni ti possa figurare!
O Vergine addoloratissima, in questo terribile momento vi saranno certo con altre verghe anima mia, quel territornate in mente quelle parole dell'Angelo, che voi conservavate nel vostro cuore « Ecco che tu concepirai e partorirai un figlio, e lo chiamerai Gesù: costui sarà grande, e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo; e gli darà il Signore Iddio la sede di David suo padre: e regnerà nella casa di Giacobbe, in eterno; e il suo regno non avrà più fine! » Ed a questa parodia di regno si sono ridotte le splendide promesse? E voi, o gran Vergine, che ne pensate! Ah vi conosciamo, o Vergine magnanima, voi soffrite, quanto nessun cuore umano può mai soffrire; ma la vostra fede è troppo superiore al vostro dolore! No, non vi scandalizzate voi delle umiliazioni del Re della vera gloria; vedete le spine fiorire in corona di gloria; la squallida porpora mutarsi nella veste gloriosa dei Santi; la fragile canna che spezza troni e corone!...
V'intendo, o Maria, voi in quell'angoscioso momento offrite a Dio le vostre lacrime in unione degli atroci dolori del vostro Figlio, per il trionfo del regno di lui, la santa Chiesa Cattolica. Come Dio accolse allora le vostre preghiere, così le. accolga ora per, noi, per darci lume ed animo grande da non iscandalizzarci delle umiliazioni di Gesù, ma mettere ogni nostro studio per esserne partecipi, chè questo è il più sicuro segno di piacere a Dio.
Attenderò con seria studio della cristiana umiltà, persuaso che questa è la via; regia per arrivare alla gloria di Dio.
20 settembre. Gesù condannato a morte.
Gesù camuffato in quel paludamento di re da burla fu sottratto per un momento dalla vista lente dai soldati schernitori che volevanc presentarlo così ridotto a Pilato. Ma tosto il preside non senza una profonda commozione che gli si legge in volto, lo rimena fuori dall'alto di una loggia del suo tribunale, perchè tutti lo guardino e si sentano sbollire l'odio e la rabbia alla vista di tale spettacolo, che avrebbe ammansito le fiere. Aveva forse preparato un d scorso per questo scopo, ma la tragicità del momento e l'interna commozione non gli lasciano dire che due parole: Ecce homo! Ecco l'uomo!
Di tutti gli spettatori non si commosse che Maria, la quale levando gli occhi e vedendo il suo Gesù in quell'arnese, ne provò tale impressione da sentirai come spezzare il cuore in petto, e quelle due parole delle quali ella sola intese in quel momento tutto il significato, le trafissero l'animo come due stillettate penose! « Figlio mio, a qual termine ti ha ridotto l'amore verso gli uomini! » ..... Ma seppure aveva potuto formulare questo grido del cuore trambasciato, chè le crebbe immensamente l'ambascia, udendo le grida di quella turba imbestialita: « Uccidilo, uccidilo! Alla croce, alla croce! ». « Ma se non ha fatto nulla di male! » soggiunge Pilato, che in quel momento non doveva credere nemmeno alle proprie orecchie. « Niente, niente, gridano i capi della Sinagoga, noi abbiamo la legge, e secondo la legge costui deve morire, perchè si è fatto Figlio di Dio. Pilato ne rimase attonito. Non intese tutto il significato di quelle tremende parole, gli parve di capire che Gesù aveva asserito di essere il Figlio di Dio innanzi al tribunale religioso, e ciò lo riempì di spavento, sapendo, a prova ché Gesù parlava poco, ma non diceva che la verità: trasse via di là Gesù per interrogarlo da solo »
Intanto Maria meditava l'arcano senso che per lei avevano quelle parole pronunziate dai Giudei a sfogo del loro odio satanico contro l'erede delle promesse di Dio, contro il Messia non voluto da loro conoscere. Abbiamo la legge, e secondo questa egli deve morire! Quale fatalità, diremmo noi! Quale misèricordioso disegno di Dio autore della legge, diceva Maria! Una morte ci vuole per dare agli uomini, morti alla grazia, la vita divina per la quale, furono creati! Ma qual morte può giovare a questo? Non la morte dc un peccatore, che non varrebbe neppure a redimere se stesso. Non la morte di un semplice uomo, sia pure innocente; perchè nessun uomo può essere innocente se non è reso tale dal Sangue di Gesù Cristo, e sia pure così giustificato, morendo basterebbe a salvare se stesso, come di Noè, Giobbe e Daniele dice Ezēchiele; non gli altri se non per intercessione necessaria dunque la morte di colui che alla natura umana dà una dignità infinita facendola sua personalmente. È necessario che il mio Gesù muoia, così è scritto di lui. Ed ecco che Pilato ricom. parisce, si adopera quanto può per liberare Gesù, dal quale ha inteso la colpa che commetterebbe condannandolo. Ma presto la coscienza cede in lui al timore di Cesare: si lava le mani quasi volendo liberarsi dalla responsabilità, ma pure pronunzia la fatale sentenza. Il popolo grida: « Il sangue suo ca. da sopra di noi e sopra dei nostri figli ». Maria profondamente angosciata al vedere ed udire ciò che vede ed ode, a questa orri
bile imprecazione di quella perfida genìa sente corrersi per le ossa un brivido di spavento; ma tonto leva gli occhi al Cielo, e con profonda commiserazio di quei ciechi volontari; offre il Sangue e la Vita dell'innocente Figlio suo anche per quei crudeli, e prega che quel prezioso Sangue cada anche sopra di loro, ma non a castigo, bensì a redenzione! Rifletti all'eroico contegno di Maria e cerca di imitarla! O Maria, mare amarissimo d'acerbo dolore, imploratemi da Gesù la giusta comprensione di quel che egli ha fatto per me, offrendosi alla morte, perch'io vivessi. Fatemi parte di quella maganimità con la quale anche voi offriste a Dio l'unigenito vostro, da voi teneramente amato. Fate che anch'io muoia al peccato, e la mia nuova vita di grazia sia sempre nascosta con Cristo in Dio.
Non soffrirò nemmeno per breve tempo di perdere col peccato mortale il beneficio della morte di Cristo, la vita soprannaturale dell'anima: e se per mia disgrazia mi accada di peccare, correrò a lavarmi, nel Sangue di Cristo con una buona confessione: intanto fare subito l'atto di contrizione.
21 settembre. Viaggio al Calvario.
La condanna a morte di Gesù fu pronunziata dal Preside Romano il giorno della Parasceve di Pasqua, che quell'anno cumulava con la Parasceve consueta cioè col Venerdì: era quasi l'ora sesta, cioè si era ancora prima del meriggio. I Giudei si avvidero che il tempo stringeva, poichè a calata di sole era per cominciare la grande solennità della Pasqua: rimandare l'esecuzione di Gesù a dopo le feste, rion c'era nemmeno da pensare, chè il volubile Pilato avrebbe potuto cambiar parere: bisognava dunque profittare dell'ore disponibili. Si prega il Preside a non differire, tanto più che vi erano da giustiziare due altri condannati per delitti comuni. Tanto meglio; accomunandoli con Gesù sarebbe per lui il colmo dell'infamia. Pensato, sugerito, ottenuto l'intento, si approntarono tre croci: sulle spalle di Gesù si adatta la più pesante, e in tutta fretta si muove il triste corteo verso il luogo infame delle esecuzioni capitali, detto il luogo del cranio, o Calvario. Precede un centurione, scortano i rei quattro soldati, guidano il tutto i capi della Sinagoga, seguono donne piangenti, e discreta folla di curiosi.
Maria con le compagne vedono muovere il corteo, non si mescolano però con alcun gruppo, ma guidate dall'animoso Giovanni prendono altra via.
E qui considera, anima mia, lo stato d'animo della Vergine Madre. Tutto ciò ch'ella vede ed ode in questa lugubre circostanza è per lei fonte di vivissimo dolore, considerando sino a qual segno è odiato il suo benedetto Figliolo, l'innocente Gesù. Non si vede l'ora di averlo morta: non si guarda, pur di ottenere l'orribile intento, nè a santità di giorno, nè a ricorrenza sì ricordevo le, nè a culto divino, nè a rispetto di religione! Lo si vuol morto l'innocente Gesù, ma in maniera che apparisca a tutti reo come i due delinquenti menati a morte con lui. Le ricorda la Vergine le parole d'Isaia:
Ed egli fu accomunato tra gli scellerati! ». Et eum iniquis reputatus est! », e vedendole ora appuntino verificate, pur sentendosi crescer la fede nella divinità dell'umiliato Gesù, prova anche tutta l'acerbità e l'amarezza per tanta umana malizia. E quei ministri della religione, gli Scribi, i Farisei, i sacerdoti, che immemori della vigilia di Pasqua, non trovano occupazione più interessante per loro, che venire a dirigere la più orrenda ingiustizia, ad accrescer la pena dell'Innocente menato al supplizio con i loro sarcasmi ed insulti! Quale travolgimento del senso morale! Non sono costoro che per tema di contaminarsi, da non poter poi con buona coscienza mangiar la Pasqua, non hanno avuto l'ardire di entrare nel pretorio del pagano Pilato? Ed ora dove sono andati tanti scrupoli, tanti riguardi alla legge?
Così Gesù con la croce in ispalla, va solo al Calvario: son è accompagnatti, che da nemicarnefici, curiosi, donne che piangono per puro sentimentto naturale. Ci sono i due rei che portano la croce bestemmiando l'umana e la divina giustizia; verrà più tardi il Cireneo che piglierà la croce di Gesù soltanto perchè costretto: ecco tutto!... Ecco un quadro della tragedia umana di ogni giorno! Maria, che lo intende meglio d'ogni altro, pena e soffre più per gli acciecati uomini, che per Figlio suo, che con tanto zelo per la nostra salute aveva detto: « Chi vuole venire; dietro a me, pigli la sua croce ogni giorno e mi segua!. Chi si cura di ascoltare l'invito di Gesù? Oh quanti Cristiani in pratica si diportano come nemici della croce di Cristo. Ed io come mi conduco? Sone. amico, o nemico della croce del mio Signore? Se si tratta della figura decorativa della croce, o sì, mi piace! Non mi dispiace nemmeno il culto esteriore alla Ss.ma Croce, almeno quando non costa nulla. Ma la croce mia vera, la tribolazione quotidiana che Dio mi manda per farmi somigliare al Figlio suo, oh questa non mi va, la sfuggo, cerco di sgravarmene le spalle.
O Vergine dolorosissima che seguiste con tanto eroismo Gesù al Calvario; che tanto soffriste per il cieco formalismo de' Giudei; allontanate da me il loro velenoso fermento, affinchè col sodo continuo esercizio delle virtù cristiane segua accanto a voi Gesù che va a morire ,per me con la croce in ispalla.
Mi guarderò come da vera peste dal formalismo farisaico che cola il mascherino e ingoia il camello: ma mi formerò sempre una soda costante coscienza cristiana secondo gl'insegnamenti del Vangelo.
22 settembre. Incontro.
Quel doloroso viaggio al Calvario, che molto appropriatamente si nominò «La via Crucis » vi fu un incontro fra Gesù e Maria ad un certo punto del cammino. Sia che si supponga Maria con le sue compagne uscite di città prima che ne uscisse il corteo dei condannati; sia che la medesima per qualche viottola scorciatoia venùse a trovarsi nella via per la quale doveva passare il suo Gesù, la tradizione può benissimo sostenersi, tanto più che fin da tempi lontani si conserva nel luogo di questo incontro una devota cappella dedicata a S. Maria dello Spasimo, volendosi con questa parola impropria esprimere lo schianto doloroso del cuore di Maria nel vedere da vicino il Figlio suo così trascinato al Secondo una pia tradizione, malconcio, ansimante, sudato, l'ultimo supplizio.
Del resto tutto ci persuade troppo vero questo incontro durante a tenere per ma chi può immaginar quanto soffrissero l'uno per l'al. tre quei due cuori di Figlio e di Madre in questa occasione? Quante corse si dicessero pur col solo sguardo, quali parole riuscissere ad indirizzare l'uno all'altra?
Si videro madri, che andate incontro a figli in mano della giustizia, tramutati di prigione in prigione, caddero svenute, ed anche morte, dopo aver versate tutte le loro lacrime, non appena li videro ammanettati scortati dalla forza, senza riuscire nemmeno a dir loro: Addio, figlio mio! Che sarà stato di Maria nell'incontrare Gesù scortato e sospinto dalla forza pubblica, carico del suo supplizio, che andava alla morte, che avrebbe subìto fra pochi minuti? Una pietà sincera sì, ma troppo inferiore al sentimento della Vergine, immaginò che ella svenisse dallo spasimo, donde il nome dato alla cappella ivi elevata. Però chi pensi che Maria non ebbe a''cuna delle piaghe lasciate in noi dal peccato originale, e che era la Donna forte per eccellenza, non creda che ella spasimasse, e molto meno svenisse, ma che soffrì tutto quel più di dolore, che le persone che possono svenire non soffrono più, perchè lo svenimento priva della consapevolezza di sè, e di ogni senso di dolore. Maria invece non isviene no, ma soffre con piena consapevolezza tutta l'atrocità di quel doloie índescrivibile a parole umane!
Considera il fatto e le circostanze. Il Figlio unigenito della Vergine è nel tratto più penoso della sua Via crucis!... Ansante, oppresso, madido di sudore, schernito e vilipeso, esausto di forze e,d'ogni vigore, e va alla morte! La Madre lo incontra, l'osserva, gli tende le braccia per porgergli soccorso, ma non può far nulla: è guardata, lo guarda: la pena dell'uno s'immedesima con la pena dell'altra. Oh Figlio mio! O Mamma mia! Heu Mater, heu Filii dolor! Abramo col cuore sanguinante sale il monte fatale accanto alla vittima inconsapevole, l'unigenito diletto Isacco... Babbo, ecco qua legna, fuoco, coltello, ma dov'è la vittima? Al padre scoppia il cuore nel petto, e basta l'animo per rispondere soltanto: Dio ci pen,serà, figlio mio! Ecco la situazione di Maria in cruell'incontro, anzi questa è molto più dolorosa e solenne. Maria già sa troppo bene che il Figlio suo va ad esser vittima per i peccati del mondo, e che la divina Giustizia senza rattento vibrerà il colpo fatale: Proprio Filio suo non pepercit Deus!, e, si consideri bene la cosa, nemmeno Maria perdona a se stessa, offrendo alla morte il frutto benedetto delle sue viscere; e sopra il sacrificio di lui ponendo se stessa, come libagione di soavissimo- odore a Dio. Sono due vittime che si sacrificano per me!
L'intendo, o Madre amabilissima, e vorrei anch'io unirmi al gran sacrificio; ma lo dico soltanto a parole, o tutt'al più con la velleità, mai con volontà risoluta: troppo piaccio a me stesso, troppo mi risparmio, troppo vorrei sacrificare gli altri per me. Oh cara Madre mia, accendete un po' di fuoco di carità in questo mio cuore freddo!
Imitando Famore di Gesù e di Maria che si sacrificarono per me, propongo di sacrificare tutte le cose mie e me stesso, per il prossimo mio, specialmente per le persone commesse alla mia cura.
23 settembre. Crocifissione.
Si giunge finalmente sulla spianata del Calvario, luogo quasi. adiacente alle mura della città, non molto alto, ma cospicuo per una roccia che v'era nel mezzo. Maria con le compagne e S. Giovanni vi giunsero quasi contemporaneamente a Gesù, e confusi ara tra la folla per non farsi scorgere, si collocarono in modo da essere spettatori di tutta la terribile esecuzione. Si tolgono le croci ai giustiziandi, le si piantano solidamente in terra; intanto si porge ai cruèiandi il misero estremo conforto di un poco di vino mirrato, per attutire in loro alquanto il senso del dolore. Gesù vi approssima le labbra, ma rifiuta di berne, perchè vuole conservare tutta la sua sensibilità al tormento. Ma ecco che gli strappano le vesti di dosso esacerbando in più parti le piaghe della flagellazione, e facendone scorrere nuovo sangue: lo agguantano in quattro carnefici, lo sollevano bruscamente anche con corde fattegli passare sotto le ascelle, e tolo poggiare sopra un legno che era mezzo del trave maggiore, comincia ad applicarglisi l'estremo terribilissimo supplizio. Lo crucifissero: dicono tutti e quattro gli Evangelisti: ma chi può immaginare quella barbara carneficina? Maria sola che la vide compiersi sul frutto delle sue vincere immacolate potrebbe raccontarcela, e ci trafiggerebbe il cuore spremendone lacrime di sangue col suo racconto! Quelle braccia stirate lungo la traversa; quelle palme delicatissime trapassate dal suo ruvido chiodo ciascuna; quei colpi di martello su chiodi che si ficcano nelle vive carni poi nel legno; quelle gambe stirate, quei piedi lacerati ciascuno dal suo chiodo! Oh come tutto colpisce l'occhio, la fantasia, il cuore della dolente Madre spettatrice della crocifissione del Figlio! Ma al vederlo abbandonato, sollevato da terra, sospeso con tutto il peso del corpo alle quattro ferite delle mani e dei piedi, che sempre esasperate dal ferro, che vi è dentro, sanguinano a rivi, e si malignano causando una febbre tormentosissima in tutto il corpo, la Madre Addolorata soffre dolore sì veemente che gli cagiona la morte mistica, e potrebbe cagionargliela anche fisica se ella fosse debole quanto le altre persone del suo sesso. Ad ogni modo mentre si crucifigeva Cristo, si crucifigeva anche la Madre.
E tu, anima mia, tieni bene impressa in te la crocefissione di Gesù Cristo, e guardandola col sentimento naturale e con il lume della fede, rifletti al dolore inestimabile ed allo strazio crudele che si fa del Figlio crocifisso e della Madre addolorata: abbandonati pure all'affetto amaro di compassione per il tuo Redentore e per la tua Corredentrice : ma ricordati che la compassione non è tutto quel che voglìono da te Gesù e Maria. Maria, che è il membro più nobile del mistico corpo di Cristo, t'insegna con questa sua larga partecipazione ai dolori del crocifisso, a risolverti anche tu una volta a crocifiggere con Gesù la tua carne con i vizi e le concupiscenze; sì da poter dire con verità: « Sono crocifisso con Cristo; vivo sì io, ma non io più vivo, bensì Cristo vive in me ». Quanto sei lontana da questa mistica crocifissione, anima mia! Ma rifletti bene che se tu non ti risolvi ad imprimere in te l'immagine del Crocifisso, resterai priva del suggello dei predestinati, in pericolo quindi di dannarti.
O Vergine Santissima, tutta pervasa l'anima dei dolori del Figlìo vostro crocifisso, e confitta con lui misticamente sopra la stessa croce, ottenetemi con le vostre preghiere e lacrime la grazia d'imitarvi, crocifiggendomi anch'io con Gesù sulla croce, per non vivere più al mondo, bensì a lui solo che tanto mi amò da lasciarsi crocifiggere per me. Esauditemi, Madre mia conducete quest'anima mia dalle vanità del mondo all'amplesso di Gesù Crocifisso! Quanto più sentirò la difficoltà ed il dolore in osservare fedelmente gli obblighi miei contratti innanzi a Dio, tanto più mi attaccherò ad essi inchiodandoci la mia volontà, perchè mai più si stacchi dalla croce di Cristo.
24 settembre. Perdono e Promessa.
Compiuta l'esecuzione di Gesù e degli altri due condannati, i iniliti esecutori si pon. gono a sedere poco lungi dalla croce per far la guardia, ed intanto si spartiscono le spoglie dei morituri, e giocano a dadi, cui debba toccare la tunica di Gesù, che sarebbe un peccato tagliare, tessuta com'era tutta insieme senza cuciture: opera senza dubbio delle materne mani di Maria; che osservava in quali mani era venuto l'amoroso lavoro suo!. Ma lo spettacolo più indecente era quello che davano quei zelanti, rigidi, implacabili Scribi, Farisei e sacerdoti che erano venuti a prendersi la diabolica soddisfazione di assaporare le ultime strazianti agònie dell'odiato Nazzareno.
Soddisfatti e pettoruti passavano da una parte all'altra tra le croci, e scuotendo il. capo, col ghigno sulle labbra, ammiccandosi l'un l'altro, andavano ripetendo, che si potesse sentire anche dal Crocifissa di mezzo « Bene! Tu che puoi distruggere il tempio di Dio, ed in tre giorni ricostruirlo, salva te stesso, se ti basta l'animo! Se sei Figlio di Dio, scendi un po' dalla croce!? ». E si dicevano l'un l'altro: « Ha salvato gli altri, e non può salvare se stesso! Se è il Messia d'Israele, scenda giù dalla croce, e gli crederemo: ha avuto tana confidenza in Dio,
lo liberi ora, se l'ama davvero; quante volte ha detto: Sono il Figlio di Dio! ». Il brutto esempio dei capi del popolo era imitato anche dai due delinquenti crocifissi con Gesù.
E Maria udiva queste bestemmie arcastiche contro il Cristo, il Figlio di Dio, contro la Provvidenza del Padre celeste, contro le divine Scritture! Ne provava al cuore altrettanti dardi lancinanti e penetrati sino all'anima; ma neppure ora ella perde la sua consapevolezza, nè dà in ismanie o rimproveri, ne rende a quei sciagurati la pariglia con invettive e vituperi. No, non è Maria come le altre donne! Ella pur soffrendo indicibilmente prega per coloro che insultano, il.suo Figlio: ed ecco che la sua preghiera è esaudita. Gesù dall'alto della croce prega all'unisono con la Madre sua: « Padre, perdona loro, che non sanno quel che fanno! ».
Oh come Maria si unisce anche più strettamente alla preghiera del Figlio, chiedendo anch'ella perdono per quei perfidi conipatriotti. Ma un altro frutto dovevano cogliere le dolenti preghiere di Maria. Forse commosso dalla caritatevole preghiera di Gesù, uno dei latroni crocefissi rientra in sè, cessa dal bestemmiare, ripensa alla sua vita di scelleraggini, e forse ricorda di avere incontrato Maria con Gesù Bambino in braccio fuggiasca verso l'Egitto, e dopo avere redarguito l'altro latrone che proseguiva ad imprecare, si rivolge con umile preghiera a Gesù dicendo: « Ricordati di me, o Signore, quando sarai nel tuo regno! » E Gesù gli risponde: « Oggi stesso tu sarai meco in Paradiso! »
Meravigliosa conversione!... Potenza della misericordia di Dio, che muta in perfetto credente il bestemmiatore di poco prima! Promessa ineffabile di Gesù Crocifisso, di dare al, convertito proprio in quello stesso Venerdì santo il Paradiso! Quanto conforto, quanta speranza deve infondermi questa promessa di Gesù Crocisifisso! Ma quanto gli debbo esser grato per aver voluto subire la morte di croce, affin di aprire a me peccatore le porte del Paradiso! La Croce di Gesù fu la chiave di quel beato regno, ad essa debbo star sempre abbracciato. Vergine Santissima, qual sentimento provaste all'udire questa promessa? Di meraviglia certo no, chè voi sapevate troppo bene come il Figlio vostro moriva appunto per dare ai morti la vita, ai peccatori la penitenza, ai perduti la salute eterna! Se il vostro dolore non diminuiva, diventava però sempre più consapevole, sempre più volenteroso, offerto con la morte di Gesù per la conversione di tutti i peccatori. Oh come vorrei confortare il vostro dolore, o Maria, convertendomi proprio davvero a Gesù, e sacrificandomi anche io con lui e con voi per la conversione di tutti i peccatori! Accettate la mia buona volontà, o cara Avvocata dei peccatori, ed offritela a Gesù con le lacrime vostre, perchè egli, che solo può, la renda efficace al salutare intento.
Fuggirò sempre per conto mio ogni sorta di bestemmia od imprecazione, e pregherò Dio a perdonare a questi sciagurati peccatori, adoperando tutto il mio zelo per la loro conversione.
25 settembre. Ecco la tua Madre!
« Stavano in piedi presso la Croce di Gesù la Madre di lui, e la sorella della Madre di lui Maria di Cleofa, e Maria Maddalena. Avendo pertanto Gesù scorto la Madre ed il discepolo che amava pur ivi stante, dice alla Madre sua: Donna, ecco il figlio tuo! Quindi dice al discepolo: Ecco la tua Madre! E da quell'ora egli la prese presso di sè ».
Quanta materia da meditare ne porge questo commoventissimo tratto di Vangelo. scritto da chi ne fu testimonio e parte, dal discepolo diletto Giovanni! E prima di tutto riflettiamo al nobile contegno di Maria in questa sublime circostanza della sua vita. Appena le è possibile per il diradarsi della folla dei curiosi, ella si accosta alla croce con le sue fide compagne, le Marie, Cleofe, Maddalena e Salome, con le quali era anche l'animoso Giovanni.
Maria è trambasciata dal dolore, e l'animo sua è abbeverato di fiele ed assenzio per l'angoscia che tutta la pervade ed amareggia. Ma sta in piedi, forte, coraggiosa quasi sacerdote che vede esaurirsi di sangue e di vita la vittima che sta sacrificando il vero Sacerdote. Nessuno meglio cromprese e ritrasse questo momento della vita di Maria, che S. Ambrogio: « Stava in piedi accanto alla croce la Madre, e fuggiti gli uomini, ella donna, guardava con animo intrepido! Era spettatrice non degenere della divina tragedia! Spectabat non degeneri mater spectaculo! ». Quanto ci dànno a meditare queste parole quasi intraducibili! Maria era là degna spettatrice e parte del sacrificio che l'Uomo-Dio offriva di se stessa a Dio per la redenzione del mondo. Gesù soffriva atrocemente gli spasimi della crocifissione; Maria soffriva indicibilmente nell'animo: Gesù spargeva tutto il suo Sangue, Maria vi mescolava le sue lacrime materne delle quali già si esauriva in lei la fonte Gesù si approssimava alla morte vera; Maria moriva ogni momento di morte mistica per la veemenza del dolore e dell'amore! Spectabat non degeneri mater spectaculo! Ecco di qual tempra era l'animo di Maria Vergine, ecco quanta costanza albergava in quel petto verginale; ecco, conchiude il santo Dottore, quanto male a proposito si penserebbe che Maria potesse mai mutare il proposito fermo di essere sempre tutta di Dio in purissima verginità ».
Ed ecco che proprio per questo proposito. santissimamente osservato Maria, ora che le moriva l'unico figlio della sua intemerata verginità, dopo mancato il castissima Giuseppe, restava vedova, orbata, sola. Gesù da Figlio amantissimo le provvede un sostegno nel discepolo Giovanni, e questi più che volentieri si assume il dolcissimo ed onorevole incarico.
Ma in quel solenne momento che Maria diventava la Corredentrice degli uomini, ella veniva ad acquistare come suoi figli tutti coloro, che sarebbero diventati effettivamente figli di Dio per adozione divina nel suo Figlia vero Gesù. Tutti costoro saranno fratelli adottivi di Gesù, e come tali potranno e dovranno chiamare la Madre di Gesù, madre loro. Era là Giovanni, già figlio di Dio per adozione, e degnato da Gesù di singolare amore. anche in questa sua qualità, e come rappresentante di tutti gli altri che sorgeranno da ogni banda, egli riceve Maria per sua madre, onorandola ed amandola più che Salome sua vera madre.
O quanto onore ha fatto anche a me Gesù dandomi per madre la sua propria Madre Maria Vergine Immacolata, oh quanto poco amore porto a questa Madre.
O Maria, madre mia dolcissima, come vorrei amarvi quanto meritate per quelle lacrime, per quei dolori con i quali mi generaste accanto all'albero della croce veramente figlio del vostro dolore! Voi sola potete ottenermi che io non degeneri da tanta vostra virtù e nobiltà soprannaturale.
Prometterò a Maria Addolorata di onorarla sempre quale vera madre mia, imitandone studiosamente le virtù, specialmente la costanza nell'osservare i buoni propositi.
26 settembre. Abbandono
«Da circa l'ora sesta tenebre offuscarono tutta la terra sino all'ora nona, e si oscurò il sole. Ed all'ora nona esclamò Gesù a gran voce dicendo: Dio mio, Ilio mio, per. chè m'hai abbandonato!».
Maria con occhi lacrimosi, più attentamente li fissa in volto al diletto Figlio agonizzante, come per leggergli negli occhi e nelle labbra l'interna angoscia, che le fanno indovinare quelle dolenti parole. Quasi non si accorge del sole che vien meno; del suolo che si scuote, delle rupi che si spezzano. Ciò non le reca meraviglia, chè troppo bene conosce la dignità del momento, e l'acerbità del delitto che si commette dagli uccisori. Ma quelle parole!... Quelle parole, che dal moto delle labbra riarse di Gesù, si vede che sono seguite da altre esprimenti l'interna angoscia di lui sono l'ultima fervida preghiera sacerdotale!
Ecco il momento, e Maria se ne accorge, che l'eterno Sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec, Gesù Cristo suo Figlio secondo la carne, offre le sue preci e supplicazioni a Colui che può salvarlo da morte, con grida valide fra lacrime, ed è esaudito per la riverenza sua. La Corredentrice unisce le sue preci a quelle del Figlio, mentre beve con lo sguardo tutta l'atrocità delle agonie di lui. Non bastava che egli fosse ridotto tutt'una piaga nel santissimo corpo; non bastavano gli spasimi che trasmettono a tutto il corpo le quattro orribile ferite dei chiodi nelle mani e nei piedi: non basta l'acuta dolorosa febbre causata da quello stiramento di membra, inasprimento di ferite, indolimento di nervi, muscoli ed ossa: un nuovo tormento più amaro degli altri manifesta il caro Figlio: l'abbandono di Dio! Noi lo intendiamo con difficoltà. Maria lo intendeva benissimo; ma come farò io ad immedesimare il mio sentimento con quello dell'addolorata Vergine?
Rifletti, anima mia, che le parole di Gesù, sono quelle che gli mise-in bocca tanti secoli prima il suo re antenato Davide: rifletti, alle altre parole che seguono queste prime: Dio mio, io grido a te durante il giorno, e tu non mi esaudisci, grido di notte, e non trovo riposo; ti sei allontanato dal porgermi aiuto, né sembri udire- il ruggito del mio pianto!... ». Tu che esaudisti sempre i padri nostri quando ricorsero a te, ora hai abbandonato il tuo Figlio diletto, che « non sembra più un uomo, ma un verme, ma l'obbrobrio degli uomini, lo scherno della plebaglia. Com'acqua mi dileguo, e le mie ossa si sono scompaginate: il cuore mi si strugge come cera nel mezzo delle viscere: si è disseccato com'arido coccio ogni mio vigore, la, lingua mi si attacca alle fauci: ho sete! mi sento morire!... » Quale abbandono del Figlio di Dio! Abbandono esterno a tanti tormenti: abbandono interno all'angoscia più amara che un'anima santissima possa soffrire! Così Cristo ci redime dalla maledizione della legge facendosi per noi cosa maledetta, noichè sia scritto “maledetto colui che pende dal legno” Gesù non trasgredì la legge, ma fummo noi che la trasgredimmo; noi meritammo la maledizione eterna e Gesù volle pigliarla sopra di sè questa maledizione, per liberarne noi; così egli è abbandonato, riguardato da Dio come vittima piacolare, che porta la pena dei peccati per i quali si offre... Maria sola in quel momento comprendeva tutta la desolazione umana di quell'abbandono, e ci ha la sua parte non piccola, comparendo, madre del votato alla morte; sentendo straziare in Gesù suo vero Figlio le proprie carni, le proprie viscere, e dovrebbe dirsi, l'anima propria! Ecco i due più santi personaggi che mai furono al mondo, oppressi sotto il peso della maledizione dovuta ai peccati nostri!
Oh l'atroce male che è il peccato!... Ed io lo commetto con tanta facilità!? Non rifletti, anima mia, al pericolo, che tanta ingratitudine al Redentore, tanto disprezzo del suo Sangue sparso per te, ti riduca a non trovar più vittima espiatrice, e dover tu stessa portare l'eterna maledizione?
O Vergine dolentissima, per tante anime che vogliono perdersi a dispetto della Vittima divina, pregate tanto tanto per me miserabile, affinchè riconosca nell'abbandono del vostro Figlio crocifisso, i tremendi effetti del peccato, ed abbia forza ed animo risoluto di fuggirlo sempre.
Mi ecciterò a viva contrizione e detestazione dei peccati da me commessi, rinnovando un fermo proposito di piuttosto morire che mai più peccare.
27 settembre. Maria nella morte di Gesù.
La Vittima divina già quasi dissanguata è in preda al parossismo della febbre traumatica che la crucia d'insopportabile dolore, e la stringe per istrapparne l'anima dalle viccere. Maria, che è sempre là in piedi, spettatrice dell'orribile agonia dell'amatissimo figlio, si sente anima e cuore stretta con l'anima e col Cuore di Gesù in un'amplesso, di dolore e d'amore tale, che la morte ormai vicina minaccia di fare due vittime. Appena i accorge che al grido di Gesù: Ho, sete! qualcuno è accorso con una spugna inzupata nell'aceto e raccomandata ad una cana, .a porgergli alle labbra quell'acre bevana! Gesù ne succhia alquanto. Indi pronunzia a voce più alta l'ultime parole della olordsa insieme e trionfale preghiera: Dio a compiuto l'opera sua: Consummatum est. L'opera massima di Dio, la Redenione del genere umano è compiuta con Tulrao anelito della Vittima divina. Maria lo comprende e con un atto di sovrumano amore a Dio ed agli uomini tutti, fa la suprema offerta del Figlio suo e di tutta se stessa: e quest'atto ispiratole dalla carità più perfetta che pura creatura abbia avuto mai, le conferisce con ragione il titolo di Corredentrice degli uomini.
Ma oh quanto le costa quest'offerta, di quanto strappo alle fibbre del suo tenerissimo cuore è questo sacrificio! Ella è là in piedi come statua impietrita dal dolore: prega con Gesù pregante, soffre con Gesù paziente: vorrebbe porgere qualche soccorso al Figliolo privo di ogni conforto ed abbanbonato; ma deve soffrire l'amarezza della sua impotenza a giovargli in alcun modo. Oh se le fosse concesso di refrigerare quelle labbra riarse; astergere quel volto intriso di sangue e di sudore: aprir ,quelle palpebre quasi strette dal sangue raggrumato! Nulla può fare l'amantissima Madre, che la croce è troppo alta, e troppo ben guardata dai soldati. Almeno potesse sostenere quelle membra irrigidite, stirate, illividite! « Allenta la rigidità dei rami tuoi, o albero duro della croce! Concedi un po' di riposo a codeste sante membra stirate a tua misura: di. mentica per un poco la tua naturale insensibile durezza! ».
Ma ecco che Maria osserva nel crocifisso Figliolo un moto di tutte le membra che si scuotono quasi ad un supremo sforzo, ed eretto bene il capo che non era affisso, levar gli occhi in alto, ed esclamare a gran voce: « Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio! »; e ciò detto chinare il capo in atto di consenso al supremo sacrificio, e spirare!
Ecco come muore il Giusto sacrificato per tutti i peccatori! Chi bene intendesse questa morte, e mai la dimenticasse!
Maria si accorge dell'ultimo anelito del Figlio carissimo, e si sente misticamente strappar l'anima dalle viscere nel momento che Gesù lascia che l'anima sua si separi dal suo corpo veramente, per vera e propria morte.
Eccola la cara Madre nostra col capo abbassato in atto di consentire anche lei al sa. crificio suo e del suo Unigenito: gli occhi non sono aperti che per lasciare scorrere il profluvio di lacrime che le fa scoppiare questo supremo dolore!... Heu Mater! heu Fili! Dolor ingrata frangat pectora! Oh Madre! Oh Figlio! Che il vostro dolore disciolga in lacrime i cuori nostri di pietra! Troppo dura ed ingrata saresti tu, anima mia, se non ti sentissi profondamente commossa alla considerazione di questa divina tragedia. Monti, sepolcri, lapidi si spezzano: campi, fiumi, rupi, pianure tremano, del Santo il velo cade!: e tu resterai freddo, insensibile? Se tu hai briciolo di amore a Gesù, se tu senti per Maria tua madre un po' d'affetto filiale, deh piangi a calde lacrime il crudele martirio che loro cagionarono i tuoi peccati!
Oh dolcissima madre mia Maria, ottenetemi la grazia di piangere con voi innocente la morte dell'innocentissimo Gesù; ma di piangere soprattutto per i miei peccati, per la durezza del mio cuore, per la poca sincerità della mia devozione verso di voi Addolorata!
La sincera devozione verso Maria Addoloràta consiste principalmente nello studio d'imitarla nel piangere salutarmente la marte di Gesù: mi studierò di giungere a questa imitazione coltivando, in me lo spirito di santa compunzione, invece della mondana spensieratezza.
28 settembre. Lanciata al Costato di Gesù.
Spirato Cristo fra gli strazi della croce, la scena del Calvario si muta. È l'ora nona, e le tenebre, persistite sino allora, si diradano alquanto, sicchè un pallido sole illumina il morto Crocifisso di mezzo, e gli ancora spasimanti crocifissi ai lati.
Il Centuriore raccoglie il suo picchetto, ripetendo: «Veramente costui era figlia di Dio! »: « Costui era veramente un giusto!» e se ne torna coi suoi soldati al preside, per rendergli conto dell'accaduto. « E tutta la turba di coloro che si erano raccolti a questo spettacolo, ed avevano osservato quanto era avvenuto, percuotendosi il petto ritornavano in città ». Gli Scribi ed i Farisei non avevano aspettato quel momento per ritornarsene dispettosi e sconcertati ai loro capi, e dir loro che quell°odiato Nazzareno diventa in morte per essi più terribile, che mai fosse stato in vita!
Maria con le compagne e Giovanni ora possono farsi più appresso alla croce, baciare i piedi trafitti di Gesù, abbracciarne gli arti inferiori, mescolare le loro lacrime al sangue raggrumato della Vittima divina. Per le altre Marie, e per Giovanni era quello il dolore senza speranza che bacia il cadavere della persona amata senza lusingarsi di rivederla mai più viva in questo mondo.
Non così per Maria che ne aspettava con assoluta certezza la prossima resurrezione: ma questa fede perfetta, questa speranza fermissima, non diminuiva il suo dolore, più che non lo diminuisse a Gesù la visione beatifica che sempre aveva.
Considera con questo sentimento la Madre di Dio, che immersa in profondo sublime do. lore mistico, si tiene abbracciata come può al Figlio rimasto lì freddo, inerte cadavere; quanti baci imprime su quelle divine carni, ancora proprie personalmente di Dio; con quante lacrime le bagna, ripetendo con David: « Oh Figlio mio, Gesù, oh Gesù Figlio mio! Chi mi avesse concesso di morire io per te, Figliolo mio! ».
Ma ecco un nuovo picchetto di soldati sopraggiunse a passo di marcia, armato di tutto punto, recando anche spranghe di ferro. Che vengono a fare? Quale nuova carneficina intendono compiere? Maria trema tutta e rabbrividisce al vederli.
Si stacca, dall'amplesso del dilettissimo estinto, chè non ignora il barbaro costume del crurifragio applicato spesso ai crocefissi, che stentassero a morire, quando si avesse urgenza di torgli via. Trepida quindi pel suo Gesù, che gli si voglia fare quest'ultimo spregio. Quale raccapriccio al veder spezzate le gambe ai due ladroni ancora visibilmente vivi.., eccoli quei feroci soldati al Crocifisso di mezzo, l'osservano attentamente, lo palpano è morto! Non occorre far la fatica di spezzargli le gambe. Ma uno di essi volendosi meglio assicurare che il Crocifisso fosse proprio morto, gl'immerge la punta della lancia nel costato tra costa e costa, ne fora la pleura -giungendo sino al cuore: ed oh miracolo! quantunque il ferito non dia più alcun segno di vita, pur ritratta la lancia esce da quell'apertura sangue ed acqua: sangue vero e fluido, acqua naturale, non un umore prodottosi per malattia nella pleura. Colui che-vide con i suoi occhi, Giovanni, sente il bisogno di corroborare la verità del fatto con la sua speciale testimonianza di Evangelista.
Questa volta non è più il Figlio che senta il taglio e la puntura della lancia, chè l'anima sua, vincitrice della morte e dell'inferno, è scesa laggiù nel limbo dei santi Padri, ove da secoli l'attendevano tutti coloro che speravano nella sua Venuta. Anche S. Giuseppe ivi lo ,aspettava, anche il buon Ladrone ebbe ivi con tutti gli altri eletti la visione beatifica. Mai voi, o Maria, sentiste allora l'acerbità di quella lancia penetrante sino all'anima vostra; chè non avrebbe potuto arrivare alle viscere esanimi del Figlio, se non trafiggendo l'anima vostra: e per fermo esalato che ebbe lo spirito il vostro Gesù, l'anima di lui non potè più sentire la ferita della lancia; mentre l'anima distaccarsi da là. Oh cara Madre mia, me la grazia che mai mi distacchi dal Cuore ferito di Gesù, per bere ivi l'acqua della salute, e soffrire anch'io per le tante offese che a lui ed a voi si fanno dagl'ingrati.
Raccolti tutti i miei sentimenti nel Sacro Cuore di Gesù, mi eserciterò in atti di amore per tanta sua bontà, e di dolore compassivo per le troppe offese che gli si fanno dai peccatori.
29 settembre. La Pietà.
Gli esecutori del barbaro crurifragio se ne tornano via in fretta dal Calvario, così Maria la Vergine e le altre compagne restano un altro po' di tempo sole, accanto al Crocifisso Gesù, in tempo che alcuni si affrettavano a toglier via gli altri due.
Mentre Maria era trepidante per quel che si sarebbe fatto della Salma del suo Gesù, vedo arrivare un gruppetto di gente sotto la guida di due nobili sinedristi, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo. Smesso ogni prudenziale ritegno, i due occulti discepoli di Gesù, che avevano osato negare il voto nel Sinedrio per la condanna di lui, avevano chiesto a Pilato, che secondo la legge romana fosse loro consegnato il corpo del giustiziato Gesù. Pilato prese le opportune informazioni dal Centurione, concesse volentieri la domanda dei due nobili uomini, ed ora ecco che venivano con tutto l'occorrente per deporre dalla croce, ed imbalsamare e sepellire secondo l'uso dei nobili Giudei la Salava benedetta di Gesù. Aveva predetto Isaia che il Servo del Signore ubbidiente sino alla morte, sarebbe stato curato dopo morto da ricchi signori.
Ed ora consideriamo con qual sentimento Maria santissima riguardasse l'opera pietosa di quei devoti discepoli. Mentre Giovanni dà mano ai servi che depongono Gesù dalla ero. ce; mentre le devote Marie sostengono con le loro mani quelle membra morte, ma pur flessibili ancora; Maria la Vergine si stringe fra le braccia il tronco del Figlio suo, ed adagiatasi per meglio sostenerlo presso la croce, prega con lo sguardo lacrimoso, che le si lasci per un momento tutto. a lei quel caro Pegno, chè vuole sfogare con lui gli ardenti affetti di madre desolata!
Considera; anima mia la Madre di Dio, che sostiene in grembo la Vittima divina già immolata e dissanguata per la redenzione del mondo!
Numera; se puoi i baci materni che Maria stampa su quelle piaghe; misura la copia di lacrime con cui le lava; ma sopratutto studiati di comprendere con la considerazione i sentimenti dell'Addolorata Madre, in questo solenne momento dell'ultimo contatto con la Spoglia mortale del Figlio suo. Giacobbe al mostrarglisi la veste insanguinata e lacera del diletto Giuseppe, credendo, come gli si affermava che l'amato figlio fosse stato sbranato dalle fiere, provò tale stretta al cuore da sentirsi morire, e non ebbe più bene, finchè gli restò fitta nel cuore quella persuasione (s). Maria stringe fra le braccia la Salma del morto Gesù, livida di percosse, intrisa di sangue, uccisa violentemente dal'umana crudeltà più 'feroce di ogni ferocissima belva! Non è possibile comprendere la gravezza del suo dolore, che cresce sempre più a misura che ella viene considerando ad una ad una le profonde trapassanti piaghe delle mani e dei piedi! Quanto ha dovuto patire il Figlio mio!... Ma a differenza di Giacobbe,, Maria non dispera per nulla, anzi ora che il grande sacrificio espiatorio è stato consumato, la sua speranza è più che mai ferma nell'adempimento già in atto delle divine. promesse: la prevaricazione è giunta alla sua fine, l'iniquità è cancellata, il peccato può essere distrutto, la giustizia sempiterna con la quale Dio giustifica l'empio è ricondotta fra gli uomini, le visioni e le profezie sono adem. piute. E la vittima umana insieme e divina è lì esanime nel grembo della sua Madre. Maria l'offre anche una volta a Dio per la salute di tutti, pregando la divina Misericordia ad esser propizia a tutti gli uomini peri meriti dell'offerto sacrificio.
Cerca di penetrare, anima mia, nei sentimenti della Madre di Dio in questo solennissimo momento della stia vita dolorosa: la Madre di Dio che sostiene in grembo la Salma esanime, ma sempre propria personalmente di Dio, e l'offre a Dio per la saluto del mondo! Dolore immenso; amore sovrumano; sentimento sublime, che si può pensare, ma non descrivere.
Oh nostra potentissima Corredentrice, Maria Madre di Dio Addolorata, deh usate a nostro favore l'ufficio da Dio commessovi di Ministra delle grazie della Redenzione; inīpiegate a nostro favore quel tesoro inestimabile che Dio ha posto nelle vostre mani!
Per confermare sempre più la mia speranza nell'unico Mediatore di giustizia, Gesù Cristo, ricorrerò sempre alla Mediatrice di grazia Maria Madre di Dio.
30 settembre. La sepoltura di Gesù.
Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo, come ebbero tutto preparato per un'onorifica imbalsamazione, sindone, bende, pannilini, aromi secondo il costume dei Giudei, con delicata riverente devozione tolgono dal grembo di Maria la benedetta Salma di Gesù, la involtano con la sindone ed i pannilini fra una profusa copia di aromi, la fasciano con bende, ed improvvisata una barella, la sollevano e devotamente la portano poco più in là dal luogo della crocifissione, dentro l'orto appartenente a Giuseppe, ove era un sepolcro di recente scavato nella viva roccia. Se l'era fatto scavare per sè il nobile Decurione, e lui ancora superstite, non ci era stato sepellito alcuno. Il generoso discepolo cedè volentieri al Maestro quel suo sepolcro, tanto più che per l'imminente Sabato, non ci era tempo di trasportarlo più lontano. Ivi giunti, gli uomini soli entrarono, adagiarono la Salma divina nel loculo centrale, la coprirono con altri pannilini; ma chi poteva impedire alla devota amorosa curiosità delle Marie Galilee, di osservare coi propri occhi, dove, e come fosse stato curato il sepellimento del venerato e compianto Maestro? Nessuno pensò ad impedirlo, e seni. bra che quelle fervorose discepole non rimanessero contente di quanto si era fatto. Maggior copia di profumi si richiedeva a loro parere per conservarlo!
Ma nessuno contese all'Addolorata Madre l'entrata nella grotta, nè la licenza di coprire ella stessa con le sue mani il volto di Gesù, dopo impressovi con amore e dolore gli ultimi baci. Sembrava non potersi staccare di là, ma il tempo stringeva, e fu necessario che tutti uscissero, perchè i servi di Giuseppe già facevano scorrere la grossa pietra che doveva chiudere l'entrata al sepolcro.
Nel patetico racconto dei funerali del morto Gesù, dobbiamo ammirare la franca ed attiva devozione di Giuseppe e Nicodemo; l'indomito amore delle pie donne, che avevano seguito Gesù dalla Galilea, ed invece d'una lieta Pasqua si dovevano occupare di un mor. torio. Ma c'è da notare che la face della vera fede non era più accesa che nell'anima di Maria Vergine. Ella soltanto comprendeva il mistero di quel sepellimento della Salma dell'Uomo-Dio, ella sola non vacillava punto nella speranza della prossima Resurrezione.
Ma dunque Maria non era la madre orbata dell'unico figlio! Non era la Desolata senza conforto umano! Non era la madre che ha visto morire di morte violenta con una straziante agonia il giovane figlio; non è la madre che l'ha dovuto lasciare freddo cadavere in una tomba! Sì Maria è tutto questo, ed ha sofferto e soffre nel momento della sepoltura quanto mai donna o madre soffrì in simili congiunture. La fede, la speranza e la carità stessa non diminuiscono il dolore umano, ma lo sublimano; rendendolo arcanamente più vivo ma più divinamente meritorio.
Considera pertanto Maria desolata che si ferma a baciare la fredda pietra del sepolcro già messa a posto; e studiati di esplorare gli interni suoi sentimenti. Anche lei è morta misticamente, anche la sua vita soprannaturale è sepolta con Cristo in Dio; soffre l'amarezza ineffabile del grande sacrificio che ha dovuto fare, e che tanto le costa; soffre per vivo desiderio che gli uomini corrano a sepellirsi insieme con Cristo; dopo essere morti totalmente al peccato: così possano risorgere insieme con Cristo alla nuova vita di grazia.
Oh quanto conforto posso io recare alla desolata Maria, se mi risolvo una buona volta ad uccidere in me il corpo del peccato, ed a sepellirmi con Gesù per risorgere con lui ad una vita. santa e perfetta!
Sì, Vergine santissima, Madre mia tenerissima, voglio darvi questa consolazione; e vi prego a soccorrermi col vostro patrocinio affinchè morto al peccato viva io sempre alla grazia di Dio.
Guarderò tutte le cose che mi circondano col lume della fede, disprezzando tutto ciò che è transitorio, stimando ed apprezzando solo quel che è eterno: questo è il mistico sepellimento con Gesù.
Tratto da un vecchio libro del 1938.